Skip to main content

Data: 13/01/2015

13 gennaio 1915: sulla Marsica si abbatte la tragedia

13 gennaio 1915: sulla Marsica si abbatte la tragedia
Il centenario del terremoto che distrusse Avezzano, i morti furono oltre 30.000

Era una mattina invernale di quelle che capitano in montagna, quella di cent'anni fa, fredda e limpida. Quando alle 7.53 sulla Marsica si abbatté la forza terribile della natura: un terremoto pari all'11° grado della scala Mercalli (il vecchio metodo che misurava i danni prodotti dai sismi) o se si vuole di magnitudo 7 della scala Richter, che oggi calcola l'energia sprigionata: circa 50 volte più forte del terremoto aquilano del 6 aprile 2009.
Il colpo era troppo duro per fermarsi alla Marsica, che pagò il prezzo di gran lunga più alto. L'area coinvolta fu molto ampia e il terremoto si sentì netto in Abruzzo (con danni all'Aquila e in altri centri) e fino a Roma, dove a San Giovanni in Laterano una statua venne giù per le scosse. Ebbero la peggio tanti paesi marsicani ed Avezzano, un'intera città rasa al suolo dove rimase intatta una sola abitazione. In città morirono 10.719 persone (i residenti erano 13.119), nel Fucino e nelle zone vicine le vittime furono oltre 30.000. Un'ecatombe che segnò il destino della zona colpita e il futuro stesso dell'Abruzzo contemporaneo.
La portata del dramma fu compresa anche fuori dalla nostra regione. I soccorsi si misero in moto ma furono frenati dalla scarsa organizzazione d'inizio Novecento, dall'inclemenza del tempo, dalle comunicazioni non facili e dal fatto che l'Italia già combatteva, sicché il legno necessario agli interventi fu difficile da trovare. Fatto è che un moto di solidarietà e affetto si strinse attorno alla Marsica, e da numerose città e regioni arrivarono aiuti e sostegni. C'è chi ricorda anche l'azione della Chiesa cattolica e degli ordini religiosi, che si prodigarono per l'assistenza ai numerosi orfani del terremoto.
Il sisma ovviamente riempì le pagine dei più importanti giornali italiani e stranieri, con articoli firmati dalle "grandi penne" dell'epoca. Anche allora, come si ripeterà all'Aquila quasi un secolo dopo, illustri personaggi della cultura e della politica nazionale sciamarono nel Fucino, a cominciare dal re Vittorio Emanuele III. Chi scrisse le pagine più belle su quel che accadde fu forse un grande scrittore abruzzese, Ignazio Silone, marsicano di Pescina, al quale il terremoto tolse non solo la propria casa ma soprattutto diversi familiari.
Comunque sia, dalla tragedia erano passati solo pochi mesi e l'Italia si avviò verso un'altra e peggiore catastrofe: entrò nella Grande Guerra e il conflitto spense i riflettori sul terremoto. La chiamata alla armi tuttavia non risparmiò i giovani marsicani, nonostante quello che si lasciavano alle spalle, che andarono al fronte come tutti gli abruzzesi. Per iniziare l'opera di ricostruzione, lenta e faticosissima, toccò aspettare la fine della guerra. Quel che aiutò Avezzano a risorgere furono proprio i lavori di ricostruzione, perché già a pochi anni dalla tragedia nella Marsica del post-terremoto (e del dopo-guerra) arrivarono per lavorare, da tutta Italia, molte famiglie di tecnici e operai che ripopolarono il Fucino.
Stamattina erano proprio le 7.53, la stessa ora di cent'anni fa, quando le campane hanno suonato all'unisono aprendo le tante cerimonie del ricordo e del dolore che nella Marsica e in Abruzzo segneranno un secolo da quella tragedia.


www.cgilabruzzomolise.it ~ organizzazione@cgilabruzzomolise.it