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Data: 21/06/2018

Abruzzo: in un anno persi 7000 residenti

Abruzzo: in un anno persi 7000 residenti
Meno nascite e più partenze: è l’effetto di una ripresa senza occupazione e opportunità

L'Abruzzo nell'ultimo anno ha perso oltre 7.000 abitanti. Accade in questa regione come accade in altre (a fine 2017 la popolazione italiana era scesa di oltre 200mila residenti, confermando il declino iniziato già due anni prima), ma accade anche perché dall'Abruzzo si è tornati a partire in cerca di lavoro, perché i nati non riempiono i vuoti di chi non c'è più, perché anche gli stranieri possono dover andar via per ricominciare altrove la loro vita e un altro lavoro.
Neppure le nuove nascite e i nuovi immigrati riescono più ad arrestare il declino demografico di questa regione. Un campanello d'allarme molto rumoroso - la perdita di popolazione - che la dice lunga sulla difficoltà di riprendere un cammino dello sviluppo in grado di creare occupazione stabile e mantenere giovani e coppie in Abruzzo. Anzi di attrarne di nuovi.
A capire quel che accade ci aiuta l'Istat, che recentemente ha diffuso il suo Bilancio demografico nazionale aggiornato al 31 dicembre 2017. In Italia dunque risiedono poco più di 60 milioni di persone, di cui oltre 5 milioni con cittadinanza straniera, pari all'8,5% dei residenti. In Abruzzo in particolare ci sono 1.322.247 abitanti, meno di un anno prima (1.315.196), sicché la regione ha registrato un saldo negativo di 7.051 residenti.
Gli immigrati inoltre, che da anni aiutano a colmare il deficit demografico italiano e regionale, in Abruzzo sono complessivamente 87.054 (l'anno scorso hanno dato alla luce 1.055 bambini) ma dimostrano tuttavia una forte propensione alla mobilità. Nel 2017 infatti in questa regione sono arrivati 10.860 stranieri ma 8.316 se ne sono andati (altri 2.965 hanno preso la cittadinanza italiana e non fanno più parte del conteggio). In Abruzzo quindi c'è appena l'1,7% degli stranieri presenti in Italia (22,4% in Lombardia, 31,2% nel Lazio, 10,4% in Emilia Romagna), pari al 6,6% della popolazione abruzzese, una media distante anche da quella nazionale dell'8,5% dei residenti e lontanissima dalle regioni del centro-nord: Lombardia, Emilia Romagna, Lazio (sopra il 12%), Toscana e Umbria (oltre il 10% dei residenti). Un flusso di arrivi - il saldo positivo degli stranieri ha superato le 60mila unità - che però non è riuscito a riempire il deficit demografico degli italiani.
Un'altra cosa che non va è il calo delle nascite (in Italia per il terzo anno consecutivo sono nati meno di mezzo milione di bambini, 458.151 nel 2017: il numero minino dall'unità), una diminuzione che si è registrata anche tra gli stranieri (il 14,85% dei nati, come detto in calo). In Abruzzo l'anno scorso sono venuti al mondo 9.521 bambini ma sono morte 15.484 persone, dunque la regione ha perso 5.963 abitanti. Il tasso di natalità inoltre è pari a 7,2 ogni mille abitanti, inferiore alla media italiana del 7,6 (si nasce di più in Trentino, meno in Sardegna e Liguria), mentre nelle province abruzzesi il tasso di natalità più alto si registra in quella di Teramo (tra 7,3 e 7,8 per mille abitanti), seguita da L'Aquila, Chieti e Pescara (tasso di natalità tra il 6,3 e il 6,8).
Un dato importante è anche quello sui decessi: 11,7 ogni mille abitanti in Abruzzo (media italiana 10,7), mentre su scala provinciale il tasso di mortalità è più alto nelle province di Teramo, L'Aquila e Chieti (dall'11,3 al 12,5 ogni mille abitanti) e più basso in quella di Pescara (tra il 10,2 e l'11,3).
Per concludere i flussi migratori, cioè la misura di chi arriva e di chi parte. L'anno scorso 34.125 persone sono diventate abruzzesi (7.483 arrivate dall'estero, tra cui 1.437 abruzzesi tornati in regione), il problema però è che se ne sono andati in 35.213 (27.470 in Italia) per un flusso negativo che è costato a questa regione 1.088 abitanti.
Sono numeri che portano tutti alla stessa conclusione: in Abruzzo la popolazione sta invecchiando, l'età media si aggira ormai sui 46 anni. L'abbandono dei giovani è un problema legato al lavoro precario, alla difficoltà nel formare una nuova famiglia, ai servizi che mancano. Ed è un problema che per molti esperti è comune a tutte le regioni meridionali, che nei prossimi anni perderanno risorse a favore del centro-nord e di alcuni paesi europei. E' un fatto però dal quale nessuna provincia abruzzese può chiamarsi fuori, perché se le zone interne soffrono neppure la costa è risparmiata da un abbandono che riguarda un numero crescente di giovani italiani e immigrati.


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