"Una regione fragile, nella quale il gap nella distribuzione del reddito aumenta a svantaggio della frangia più povera della popolazione, dove un residente su cinque è a rischio povertà, dove più di una persona su dieci vive in una situazione di grave deprivazione materiale".
La regione fragile ovviamente è l'Abruzzo. Una definizione arrivata in questi giorni dal Cresa, il centro studi delle Camere di commercio abruzzesi, a commento del focus dedicato al benessere economico in questa regione. Dietro la lente d'ingrandimento ci sono il reddito pro capite, la distribuzione diseguale della ricchezza, il rischio povertà, tante privazioni materiali e non (per esempio la mancata cura della salute), la scarsa qualità dell'abitazione o la bassa intensità lavorativa. Una ricerca che illumina qualche angolo buio di questa regione, le condizioni materiali delle persone e delle famiglie. Lo fa partendo da un dato non aggiornatissimo - quello sui redditi infatti si riferisce al 2015 - ma descrive con efficacia un contesto sociale ed economico che non presenta fenomeni sociali allarmanti e diffusi come alcune zone del Sud italiano ma dove i segnali si moltiplicano e si diffondono, e dove il livello di attenzione deve restare elevato. Ma andiamo sul concreto.
Il reddito disponibile pro capite, spiega il Cresa, in Abruzzo nel 2015 ammontava a 15.608 euro, una somma che corrispondeva all'89% del reddito medio nazionale (17.826 euro) ma era superiore, come oggi, al valore del Mezzogiorno, con l'Abruzzo collocato al 13° posto tra le regioni italiane: prima il Trentino (22.188 euro pro capite) e ultima la Calabria: 12.237 euro.
E' vero anche che l'anno prima il reddito degli abruzzesi era aumentato dell'1,8%, ma questo "non aveva modificato la disuguaglianza nella sua distribuzione", inoltre "il rapporto tra il reddito percepito dal 20% della popolazione con i redditi più alti e il 20% con quelli più bassi è pari a 5, contro una media italiana del 5,8 ed europea del 5,2". Che vuol dire? Significa che l'Abruzzo si posiziona all'11° posto nella classifica delle regioni più virtuose (prima la Valle d'Aosta con 3,8 e ultima la Sicilia con 8,3) ma anche che la forbice è cresciuta. Al punto che in Abruzzo "l'aumento della sperequazione nella distribuzione del reddito ha fatto registrare dal 2004 al 2015 una differenza dello 0,8% contro un aumento medio nazionale dello 0,2%...".
Se la distanza sociale aumenta e lo stipendio non basta crescono anche le difficoltà di tutti i giorni. Soprattutto quando si percepisce "un reddito inferiore a quello mediano, tale da non potersi permettere alcune tipologie di spese, dall'avere un'abitazione inadeguata, dal percepire di essere in una situazione di grave difficoltà economica o dal vivere in famiglie in cui non c'è abbastanza lavoro". Da qui al rischio povertà il passo è cortissimo. "Si considerano a rischio di povertà le persone con un reddito inferiore al 60% del reddito mediano - spiega il Cresa - L'Abruzzo, con il 21,7% della popolazione a rischio di povertà, si colloca al di sopra della media nazionale (19,9%) e si posiziona al 13° posto della graduatoria delle regioni italiane aperta dalla Valle d'Aosta (7%) e chiusa dalla Sicilia (42,3%). La problematicità della situazione abruzzese è confermata sia dagli indicatori di grave deprivazione materiale e ancor più abitativa - continua la ricerca - Si considerano in situazione di grave deprivazione materiale le persone che vivono in famiglie che hanno almeno 4 dei 9 seguenti problemi: non poter sostenere spese impreviste di 800 euro; non potersi permettere una settimana di ferie l'anno lontano da casa; avere arretrati di mutuo, affitto, bollette o altri debiti come ad esempio gli acquisti a rate; non potersi permettere un pasto adeguato ogni due giorni, cioè con proteine della carne o del pesce (o equivalente vegetariano); non poter scaldare adeguatamente l'abitazione; non potersi permettere una lavatrice oppure un televisore a colori o un telefono o un'automobile. In questa regione l'11,1% dei residenti, una percentuale leggermente inferiore alla media nazionale (11,5%) ma in forte aumento rispetto agli anni precedenti (9,5% nel 2015 e 8,6 nel 2014) soffre di gravi carenze materiali, con l'Abruzzo che si posiziona al 13° posto della graduatoria delle regioni ordinate per virtuosità, nell'ambito della quale primeggia il Veneto con il 3,6% mentre la Sicilia, con il 27,3%, riporta il peggior valore".
E allora vediamoli meglio questi problemi, come erano già qualche anno fa (oggi gli indicatori sociali non migliorano, anzi sono peggiorati). "Per quanto riguarda il sovraffollamento abitativo e la carenza di alcuni servizi essenziali nell'abitazione (problemi strutturali, mancanza di luce e/o di acqua corrente) si fa riferimento al dato del 2013, nel quale alla regione viene attribuito il valore di 7,1%, inferiore al dato medio nazionale dell'8,8%. L'Abruzzo quindi si posizionava al 5° posto delle regioni più virtuose preceduto solo da Friuli-Venezia Giulia, Basilicata, Lombardia e Piemonte". Un dato non negativo, allora, quello sulle abitazioni, e tuttavia basterebbe citare gli episodi accaduti recentemente in Abruzzo in alcuni complessi Ater (per esempio le occupazioni forzate, il mancato pagamento degli affitti, la condizione cadente degli alloggi o gli episodi di violenza), l'aumento degli sfratti nelle città o la carenza di alloggi pubblici per illuminare una realtà che negli ultimi anni è andata velocemente deteriorando.
Vediamo un altro indicatore. "Per quanto riguarda la valutazione soggettiva della difficoltà economica, data dalla quota di persone in famiglia che dichiarano di arrivare a fine mese con grande difficoltà - continuano i ricercatori del Cresa - si osserva che nel 2015 essa riguarda il 21,3% della popolazione residente in famiglia, valore che posiziona l'Abruzzo al 16° posto della classifica delle regioni italiane (primo il Veneto con 5,7%) seguito solo da Calabria, Puglia, Sicilia e Campania. Il dato, di per sé preoccupante, diventa ancora più allarmante se confrontato con il valore del 2004, quando solo poco più del 14% della popolazione valutava grave la propria situazione economica", inoltre "il disagio economico che caratterizza la regione sembra legato anche alla difficoltà per le famiglie e gli individui ad entrare e permanere nel mondo del lavoro".
Sempre per restare sul tema del lavoro, si legge ancora che "un'altra misura dello stato di necessità in cui le famiglie possono trovarsi è data dalla bassa intensità lavorativa familiare. Il dato regionale mostra che l'11,8% delle persone con meno di 60 anni vive in famiglie nelle quali le persone in età lavorativa hanno lavorato per meno del 20% del loro potenziale. L'Abruzzo si colloca al 14° posto tra le regioni italiane (primo il Trentino-Alto Adige con 4,3%; ultima la Sicilia con 28,3%), poco al di sotto della media nazionale (11,7%) e in aumento rispetto al 2004 di 3,8 punti percentuali (Italia: 0,6 punti percentuali)".
A determinare il "livello di soddisfazione per la vita complessivamente intesa" concorre dunque una pluralità di elementi di natura materiale e immateriale: la condizione economica, la salute, ma anche aspetti relazionali e culturali. E allora mentre il 43% del campione giovanile si dice soddisfatto della propria vita o il 66% del proprio tempo libero (più gli uomini, meno le donne), accade anche che cresca l'insicurezza per il futuro: "Insieme a un maggiore appagamento per la propria situazione attuale - si legge del rapporto - viene espressa una certa cautela rispetto a quella futura. Solo il 26,7% (in netta diminuzione rispetto all'anno precedente e analogo al 26,6% medio nazionale) dei residenti di 14 anni e più prevede un miglioramento nei prossimi cinque anni, e il 15,6% prevede un peggioramento, con una netta prevalenza di una situazione di incertezza".