Che l'Arap, l'azienda regionale attività produttive nata dalla riorganizzazione dei Consorzi per lo sviluppo industriale, vivesse una situazione di stallo tale da non poter svolgere i suoi compiti istituzionali, da non poter organizzare e gestire i servizi che servono alle imprese abruzzesi, è cosa che più volte i sindacati hanno già denunciato.
La politica e la Regione tuttavia non devono aver sentito i campanelli d'allarme, né le richieste che vengono dalle organizzazioni degli imprenditori, se a distanza di due anni dalla nomina del consiglio di amministrazione (seguita a una prima fase di commissariamento) i sindacati abruzzesi del pubblico impiego - Fp-Cgil, Fp-Cisl e Fpl-Uil - hanno pensato di chiamare i giornalisti per informare "sull'esigenza, dopo due anni, di aggiornare il piano industriale dell'Arap", per denunciare "i ritardi nella sua attuazione e la situazione economico finanziaria dell'azienda che non risulta risanata", per sottolineare che la situazione non migliora ed anzi "i rapporti con i gestori del servizio idrico integrato (Cam, Saca e Sasi) continuano a produrre notevoli perdite per l'ente, peggiorando l'equilibrio finanziario nonché l'obiettivo prioritario del piano industriale".
E allora se l'Arap deve essere davvero un traino per l'economia abruzzese, promuovendo e agevolando gli insediamenti produttivi, questa situazione di blocco va rimossa. Ciascuno, la Regione Abruzzo in primis, deve prendersi le responsabilità che gli competono ("le ragioni di questa situazione sono molteplici e non tutte dipendenti dalla stessa Arap, ma richiedono una rimodulazione organizzativa che possa incidere positivamente sull'ente") anche per dare gambe e concretezza alle intese che aspettano di essere realizzate.
D'altra parte non si può dimenticare, affermano Fp-Cgil, Fp-Cisl e Fpl-Uil, "l'accordo sottoscritto tra i sindacati e il presidente dell'Arap, un accordo costato enormi sacrifici ai lavoratori e che avrebbe dovuto essere propedeutico a un bilancio di esercizio che risanasse i 6 milioni di perdite registrate nel 2015 con una riduzione del costo del personale, che sul fatturato dell'ente incideva per il 56%". Comunque sia, sottolineano i sindacati, "dalla sottoscrizione dell'accordo il processo di riorganizzazione dell'Arap è fermo, o meglio ha subito percorsi incerti e tortuosi". Inoltre "le professionalità e le competenze dei dipendenti non sono state valorizzate adeguatamente ma si è preferito ricercare figure professionali esterne nonostante tali professionalità fossero già presenti nella dotazione organica, aggravando ulteriormente la situazione debitoria". Al punto che "a tutt'oggi i lavoratori non hanno percepito la quattordicesima mensilità del 2017, e quelli collocati in prepensionamento stanno ricevendo solo mensilmente l'indennità prevista dall'accordo, che doveva invece essere erogata in un'unica soluzione".
Se l'Abruzzo vuole ricominciare a crescere ha bisogno di non perdere le aziende che ha, ma anche di aprirne altre. La sfida degli investimenti però oggi si gioca su più tavoli e con molti giocatori, dunque è urgente migliorare la qualità dei servizi sui territori, crearne di nuovi (si pensi alla depurazione delle acque industriali, oppure alla banda larga che non c'è). Sono argomenti che interessano chi all'Arap lavora ma anche tutti gli abruzzesi, riguardano l'economia e il futuro di questa regione. E' per questo che Fp-Cgl, Fp-Cisl e Fpl-Uil sollecitano "una maggiore trasparenza, l'apertura di un tavolo di confronto che sciolga definitivamente i nodi strutturali, economici e organizzativi che impediscono il decollo dell'azienda regionale per le attività produttive".