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Data: 03/10/2014

Ascesa e declino di una regione: la Cgil racconta l’Abruzzo

Ascesa e declino di una regione: la Cgil racconta l’Abruzzo
Due vicende emblematiche narrate sul quotidiano Il Centro: dalla Sixty al disagio negli uffici Inca

E' una pagina che racconta di speranze e disillusioni, di creatività e rassegnazione, di fiducia e promesse mancate quella pubblicata oggi dal quotidiano abruzzese Il Centro. Ne riproponiamo integralmente due articoli che raccontano con efficacia e con lo sguardo rivolto alle persone "in carne ed ossa" la storia di una delle tante aziende simbolo di questa regione - la Sixty di Chieti Scalo - della sua ascesa e del suo drammatico epilogo (l'articolo è di Francesco Blasi) e successivamente le vicende che si trovano a fronteggiare i servizi della Cgil, nel caso specifico l'Inca pescarese, chiamati a dare risposte a chi ha bisogno di aiuto e consiglio (il testo è di Antonio De Frenza). Fatti normali e però emblematici, che vengono raccontati con efficacia e senza infingimento, tra i tanti che ogni giorno si ripetono nelle sedi del sindacato.

 

 

Ascesa e caduta di un marchio che puntava al miliardo.

Marino D'Andrea: furono anni ruggenti, ora non c'è futuro. Gli ex Sixty: tutto finì quando Wicky Hassan pianse nella roulotte

 

CHIETI. Ascesa e caduta in 15 anni ruggenti che hanno portato l'Abruzzo sulle vette globali del prêt-à-porter. Ricordi su cui aleggia il fantasma di Wicky Hassan, apparso pochi giorni prima di morire per piangere nella roulotte delle ultime speranze, il presidio di chi lottava ancora per resuscitare la Sixty caduta in disgrazia. L'epopea del jeans reinventato fino a generare un fatturato prossimo al miliardo di euro, il punto più alto dei marchi cresciuti in via Piaggio per guadagnarsi fama internazionale, diventa racconto nelle parole di Marino D'Andrea, uno che c'era quando a Chieti si sognava la conquista del mondo con un "esercito" di oltre settecento tra brillanti talenti e solide professionalità. <Hassan e Renato Rossi, il socio e co-fondatore dal grande fiuto in campo commerciale con il quale aveva cominciato a Catignano, in un piccolo laboratorio creativo, erano armati di quelle grandi ambizioni che non potevano non coinvolgerti - ricorda D'Andrea, da molti anni rappresentante sindacale aziendale in quota Filctem-Cgil - Tutto cominciò con la grande intuizione di Wicky, che inventò letteralmente dal nulla la vestibilità femminile del tessuto jeans>.

L'AVVIO ALLO SCALO. Dopo la parentesi di Catignano il trasferimento a Chieti segnò l'inizio di un'epoca, quando allo Scalo Hassan e Rossi approdarono per occupare l'ex sede di Rodrigo II del gruppo Iac. <Poi -riprende D'Andrea - il trasloco non lontano, in un capannone fatto costruire dall'azienda in cemento armato, inaugurò quegli anni Novanta in cui il raddoppio del fatturato era pressoché annuale, e la crescita esponenziale>. Sixty era infatti nata per fare moda maschile sotto il marchio di Energie, in pochi anni surclassato da Miss Sixty. Un'azienda anomala. <Si può dire che regnasse il caos, almeno in apparenza, anche perché eravamo ammucchiati nei piccoli spazi della Rodrigo II - spiega D'Andrea - eppure quel magma di idee talvolta disordinato finiva puntualmente col tradursi in ulteriori record. Andava tutto così bene che Hassan e Rossi erano tra noi, lavoravano con i loro dipendenti e le gerarchie contavano in senso funzionale, mentre l'informalità era alla base dei rapporti umani. Ed è significativo - sottolinea il sindacalista - che prima dell'installazione del sistema di allarme nei capannoni i dipendenti passavano a turno la notte in azienda, custodi del tesoro che avevamo nei magazzini>.

MADE IN ITALY. A Chieti c'era il "cervello" di Sixty, che impiegava su una linea di produzione appena 40 specialisti per i prototipi e la sperimentazione, mentre i rimanenti 670 erano stilisti, grafici, "caddisti" (addetti alla progettazione al computer), modellisti, addetti al commerciale. <In quegli anni - osserva D'Andrea - si faceva made in Italy puro, a ciclo integrale, visto che la produzione era decentrata in laboratori dislocati tra Abruzzo, Molise, Marche, Campania e Puglia. I marchi continuavano a crescere anche quando, circa 15 anni fa, la produzione fu spostata in Nord Africa, Albania, Turchia e Romania>.

PRIMI SCRICCHIOLII. Il declino prese piede qualche anno dopo, con la delocalizzazione verso l'Estremo Oriente, Cina e Vietnam, passando per l'India. <Dai negozi di tutto il mondo che trattavano i nostri marchi - racconta D'Andrea - cominciarono a giungere capi resi per evidenti difetti di fabbricazione, intollerabili per i clienti abituali». E' il periodo del “buco nero” che inizia a risucchiare la Sixty: correva il 2007 e il fatturato era salito a 700 milioni di euro. L'obiettivo era quota 1 miliardo, che avrebbe consentito all'azienda di quotarsi in borsa e insidiare marchi leader come Levi's. «Il resto è invece la storia che tutti conoscono, con il passaggio sotto l'amministrazione di un fondo cinese, con Rossi e Hassan sempre più chiusi nelle loro stanze e il caos sostituito da un ordine che sembrava aver depresso la creatività>.

LE LACRIME DI HASSAN. L'ultimo capitolo del racconto è ambientato nella roulotte che i lavoratori ormai a spasso avevano installato con l'aiuto dei sindacati, dopo l'abisso che si aprì nel 2009. <Erano i primi di dicembre del 2011 - è l'epilogo - quando Wicky un giorno passò in auto davanti alla roulotte. Ordinò all'autista di fermarsi e salì sulla roulotte. “Mi dispiace che sia finita così” disse in lacrime ai suoi dipendenti, e piansero tutti insieme. Gli rimaneva poco da vivere, perché la malattia stava finendo di consumarlo. Morì a Roma due settimane dopo, da presidente di una Sixty che non era più quella che amo ricordare>.

ZERO PROSPETTIVE. E oggi, qual è la prospettiva che attende le centinaia di ex Sixty rimasti senza lavoro? «Personalmente - annota D'Andrea - tenterò di trarre profitto dalla mobilità per cercare un nuovo impiego. In generale non muore soltanto quell'esperienza della Sixty, ma tutto il tessile è scomparso. E per tutti coloro che vissero gli anni ruggenti, non vedo un futuro».

 

 

In fila per l'assegno di mobilità. E il sindacato fa corsi antistress

Esodati, disoccupati, cassintegrati: crescono le richieste di aiuto agli sportelli dei patronati. Primavera (Inca): la gente non ce la fa più, siamo diventati un vero centro d'ascolto


<Dietro ai numeri ci sono persone. Non sempre questa cosa viene percepita bene>. Nicola Primavera, sindacalista di lunga esperienza, è il direttore provinciale del patronato Inca di Pescara, l'organismo che si occupa di "tutela individuale". Chi del sindacato ha l'immagine di una casta ormai lontana dai lavoratori, se non estranea al mondo del lavoro reale, dovrebbe venire qui al piano terra di via Benedetto Croce: servizio di reception, sala gremita, impiegati indaffarati, pratiche che viaggiano da una stanza all'altra. Seduti in attesa: pensionati, esodati, donne in maternità, giovani, disoccupati, cassintegrati, infortunati, invalidi civili, immigrati, familiari di disabili. Le domande sono sempre le stesse: quando otterrò il mio primo assegno di pensione? Ho diritto ai contributi familiari? Che farò dopo la fine della cassa integrazione? Che cosa devo fare per farmi riconoscere la malattia professionale? Riuscirò ad avere l'assegno di accompagnamento per mio figlio disabile? Come faccio ad arrivare alla fine del mese?
<Con la crisi economica - spiega Primavera - il nostro lavoro è aumentato ed è in qualche modo cambiato. Ormai non facciamo più solo consulenza, ma siamo chiamati a dare supporto psicologico. Siamo diventati veri e propri centri d'ascolto. Abbiamo a che fare con un numero crescente di persone che non ce la fanno più e che hanno bisogno di sostegno. Riscontriamo molta solitudine ed emarginazione, che possono portare anche a comportamenti patologici, basti pensare all'aumento del gioco d'azzardo. Questi cittadini si sentono soli, e per loro è difficile farsi ascoltare dalle istituzioni>.

Paradossalmente il progressivo uso della telematica nell'amministrazione pubblica accentua questo disagio, soprattutto in alcune fasce di lavoratori e di anziani, e l'Inca si trova a fare da front-office di enti (con i quali ci sono anche accordi diretti) come Inps, Inail, Agenzia delle Entrate, centro per l'impiego, direzione territoriale del lavoro. Uno sportello unico che tenta di mettere ordine e di dare senso al caos della burocrazia italiana. Un esempio di caos? Il 35% delle pensioni in Italia hanno un importo errato al momento della loro liquidazione. <Le istituzioni dovrebbero dare risposte più puntuali - dice Primavera - e penso che anche il sindacato dovrebbe porsi un problema di tutela più complessiva>. Nelle parole del sindacalista non c'è solo una richiesta di efficienza o efficacia dell'azione pubblica. Primavera pensa soprattutto alla domanda inevasa di aiuto. <Anche noi viviamo questo disagio, tanto che in queste settimane siamo impegnati in corsi di team-building (sono attività formative di gruppo) per essere in grado di sopportare questa crescente pressione psicologica>.

Ci sono naturalmente anche i numeri a tracciare il diagramma della crisi. Le pratiche affrontate registrano incrementi annui a due cifre: 18.850 pratiche nel 2013 contro le 14.593 del 2012. E corrispondono non solo alla caduta dell'occupazione (7.354 interventi per ammortizzatori sociali nel Pescarese su un totale regionale di 43.884), o alle varie leggi Fornero, ma anche all'aumento delle malattie professionali (1.400 nel 2013 contro le 772 del 2008) e delle invalidità civili (21.505 prestazioni in provincia di Pescara nel 2013, 76.188 in Abruzzo con pochissimi casi di revoche) che viaggiano in controtendenza rispetto alla diminuzione degli incidenti sul lavoro. Una forbice comprensibile, perché le dinamiche temporali sono diverse. <Rileviamo per esempio un aumento delle invalidità civili legate a malattie oncologiche - spiega Primavera - Ora è vero che non abbiamo un registro regionale dei tumori, ma la nostra esperienza ci dice che la vicenda Bussi ha la sua importanza. C'è anche un grande problema di sicurezza ambientale nei posti di lavoro, e crescono gli effetti dell'inquinamento urbano>.


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