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Data: 03/06/2013

Camusso, bene il piano under 25 del governo ma incentivi solo per contratti stabili

Camusso, bene il piano under 25 del governo ma incentivi solo per contratti stabili
L’intervista al quotidiano La Repubblica

«È una scelta giusta quella di utilizzare le risorse che ci sono a favore dei giovani: sono la priorità. Se si vuole innescare un meccanismo di fiducia nel Paese non si può che partire da loro, che finora sono stati marginalizzati. Stiamo rischiando di perdere un patrimonio umano», dice Susanna Camusso, segretario generale della Cgil. La sua è nei fatti una promozione all'impostazione del Piano nazionale per i giovani del governo. «Ma - aggiunge - le misure che saranno prese non potranno rilanciare l'idea di una nuova flessibilità per l'ingresso nel lavoro. Quella ricetta è ampiamente fallita».

La parola flessibilità è scomparsa dal linguaggio dei ministri. Questo la rassicura? «Al di là delle parole, quando si ragiona di una ulteriore liberalizzazione dei contratti a tempo determinato è di quello che si parla».

È contraria alla riduzione degli intervalli temporali tra un contratto e il suo rinnovo? «Ma no, questo è già previsto dai contratti. La Cgil è contraria all'idea che possa aiutare l'occupazione giovanile l'estensione del contratto a tempo senza l'indicazione della causa per cui si fa l'assunzione. Di fronte al dato impressionante di oltre il 40% di disoccupati giovani tutti sono pronti a dire che si deve abbattere quel numero, ma poi non si può offrire ai giovani un inseguimento perenne verso la stabilizzazione. Un primo contratto senza causale basta e avanza».

Dunque incentivi fiscali solo per i contratti a tempo indeterminato? «Gli incentivi devono premiare chi dà stabilità, altrimenti quelle risorse finiscono per finanziare l'occupazione temporanea. Credo che la leva degli eventuali incentivi vada adoperata per favorire la trasformazione dei contratti a tempo in contratti a tempo indeterminato. Questo darebbe il segno del cambiamento».

La Cgil è favorevole alla staffetta anziani-giovani? «È una nostra antichissima proposta. Ma va fatta bene: non si può fare riducendo i contributi previdenziali del lavoratore più anziano; non si può fare come è accaduto alle Poste dove un posto è stato diviso tra un part time e un nuovo contratto a tempo determinato. Invece si può utilizzare la staffetta per sfatare l'opinione che nel lavoro non ci siano competenze, professionalità da trasferire. Può essere un modo per ridare centralità al valore del lavoro. Nessuno si illuda, tuttavia, che possa essere l'unico intervento sul versante delle pensioni».

In realtà, per i vincoli di finanza pubblica, il governo ha rinviato le pensioni a un secondo momento. «E non va bene. Nell'ultima riforma ci sono ingiustizie sociali profondissime. Non si può ragionare di pensioni avendo davanti un concetto astratto di lavoro. Non si può lavorare fino a 65 anni alla catena di montaggio, non si può rincorrere un ladro a 65 anni, non si può guidare un aeroplano a 65 anni».

Mi dica dell'accordo sulla rappresentanza sindacale firmato con la Confindustria. Lo avete definito "storico": ma cosa cambierà per i lavoratori? «Ho detto che è storico non solo per i contenuti ma anche perché è dal '43 che non si riesce a regolare il sistema della rappresentanza e a misurare la rappresentatività dei sindacati. Riguarda i lavoratori perché dà senso e significato alla loro scelta di iscriversi al sindacato e al loro voto per le rappresentanze».

Il sindacalismo italiano non è solo Cgil, Cisl e Uil. Gli altri sindacati, quelli più piccoli, potranno partecipare alle elezioni? «Certo. È un accordo aperto Purché assumano i vincoli che ci siamo presi noi».

Insomma un sindacato dovrebbe aderire ad un accordo che non ha negoziato. Ma lei lo farebbe?
«Sì perché aderirei a principi di democrazia e trasparenza. Per la prima volta si coniuga la democrazia rappresentativa con la democrazia diretta. Mi pare possa diventare un esempio anche per i politici».

Qualcuno potrebbe dire che la soglia del 5% per poter sedere al tavolo delle trattative è troppo alta. «È la soglia prevista dalla legge per il pubblico impiego».

Sarà necessaria una legge per estendere l'intesa a tutti i settori e dunque anche a chi, come la Fiat, non aderisce a Confindustria?«Credo che questo accordo renda più facile immaginare una legge. Nel passato non si era mai riusciti a farla».

Oggi (ieri per chi legge, ndr) è stata contestata proprio sull'accordo: le hanno detto che non si potrà più scioperare. I lavoratori non potranno più scioperare contro un contratto che non condividono? «La critica è un diritto ma non si deve mai falsificare la realtà. L'intesa vincola chi l'ha sottoscritta e dice una cosa scontata: un accordo firmato si applica e si rispetta».

Fine degli accordi separati. Siete a un passo dall'unità sindacale con Cisl e Uil? «Aver definito le regole ne è la premessa. Abbiamo fatto un accordo non per contarci ma per contare perché l'unità rende tutto il sindacato più forte. Lo dice la Costituzione che i sindacati rappresentato "unitariamente" i lavoratori. Questa è la strada».

Tra quanto l'unità? «L'esperienza degli ultimi anni suggerisce a tutti una stagione di unità. Non a caso il 22 giugno dopo molti anni Cgil, Cisl e Uil manifesteranno insieme per chiedere lavoro e un cambiamento nelle politiche economiche».


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