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Data: 28/12/2014

Cgil: dal Jobs Act i licenziamenti di gruppo

Cgil: dal Jobs Act i licenziamenti di gruppo
"Altro che tutele, si passa alla monetizzazione crescente dei diritti”

<Dalle tutele si passa alla monetizzazione, si cancella il lavoro a tempo indeterminato e si penalizzano i giovani rendendoli precari a tempo indeterminato>.
E' con queste parole che la Cgil nazionale commenta in una nota il decreto legislativo che il governo ha approvato nell'ultimo Consiglio dei Ministri in materia di Jobs Act.

<Alla luce del decreto approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 dicembre - si afferma da Corso Italia - appare chiaro che il rilancio del contratto a tempo indeterminato passa attraverso la sua precarizzazione. Con il decreto al posto delle tutele crescenti si passa alla "monetizzazione crescente" dei diritti. I lavoratori (operai, impiegati e quadri) potranno infatti essere licenziati anche senza giusta causa ottenendo il solo indennizzo, e questo varrà per i licenziamenti economici, disciplinari e collettivi>.
<Il governo oltretutto, con la Legge di Stabilità, ha elargito alle imprese un contributo di 8.060 euro per ciascun lavoratore assunto con il nuovo contratto, senza alcun vincolo che garantisca la stabilità delle assunzioni. Dunque l'impresa prenderà comunque l'incentivo, anche se a fine anno licenzierà quel lavoratore, che si vedrà riconosciute al massimo 4 mensilità il primo anno e 2 per ogni anno lavorato se appartiene a un'impresa con più di 15 dipendenti, o da 2 a 6 se appartiene a una piccola impresa o alle cosiddette organizzazioni di tendenza>.

Per la Cgil inoltre <il governo ha confermato che l'indennizzo per i licenziamenti economici può valere al massimo 24 mensilità, come già previsto dalla Fornero, solo che in quel caso decideva il giudice mentre ora sarà il datore di lavoro a valutare quando gli conviene licenziare un lavoratore per pagare di meno>.

<Altro che tutele crescenti - continua la nota - siamo alla monetizzazione dei diritti e al via libera alle imprese a poter licenziare in maniera discrezionale lavoratori singoli e gruppi di lavoratori. Più che di rivoluzione copernicana siamo a una delega in bianco alle imprese, a cui viene appaltata la crescita. Queste misure ledono diritti collettivi e individuali, cambiando per sempre il diritto del lavoro nel nostro Paese>.

Altri punti discutibili <riguardano l'opzione di conciliazione che viene posta al lavoratore in alternativa al ricorso giudiziario, e per la quale si dimezza il massimo dell'indennità percepibile in relazione all'anno di anzianità, specificando che è sottratta alla tassazione Irpef e previdenziale ma che comunque la metà di quanto previsto in via ordinaria è certificabile "in una delle sedi previste dall'art. 82 del decreto 276" senza identificare una modalità univoca e ampliando sedi e soggetti che possono certificare la conciliazione>.
A questo per la Cgil <si aggiunge l'esclusione per tutti i licenziamenti oggetto del decreto del rito Fornero introdotto dalla legge 92/2012, e cioè si impedisce di accedere a quei lavoratori e alle imprese a una corsia preferenziale che già adesso consentiva di arrivare a giudizio in breve tempo. Per i licenziamenti cosiddetti disciplinari il reintegro rimane solo per insussistenza del fatto materiale, utilizzando una formulazione che sostanzialmente rende possibile licenziare per motivi disciplinari anche se il licenziamento per motivi soggettivi prevedeva una sanzione inferiore, o anche se il fatto imputabile al lavoratore non è giuridicamente rilevante. Anche in questo caso ci sarà solo l'indennizzo quantificato in ragione dell'anzianità>.

Per il sindacato dunque è passato in sostanza <il principio che un licenziamento illegittimo, che non abbia una giusta causa oggettiva o soggettiva, di un singolo o di gruppi di lavoratori, sarà sanzionabile con una multa e a quei lavoratori, a parte qualche mese di sopravvivenza, verrà somministrato un voucher per la politica attiva ma non a carico dell'impresa che ha licenziato senza giusta causa bensì a carico della fiscalità generale. Con il decreto si è chiarito che le imprese avranno tutele certe quando licenziano senza giusta causa e i lavoratori, a parte il titolo a tempo indeterminato, avranno un contratto più incerto e meno protezioni>.

<Avremo quindi regimi differenziati a seconda della data di assunzione, della dimensione dell'impresa e del contratto di lavoro, perché sui contratti atipici non si prevede nulla. Un mondo del lavoro più diviso e meno sicuro e un contratto a tempo indeterminato che cambierà per sempre la sua fisionomia diventando un contratto a scadenza variabile in base alla convenienza dell'impresa di sostituire la forza lavoro>. Sicché <il governo che doveva occuparsi dei giovani e non tutelati ha reso per sempre i lavoratori precari a tempo indeterminato>.

<Sebbene l'estensione dell'Aspi varata nel secondo decreto sia giusta e sani un piccolo pezzo di ingiustizia introdotta con la riforma Fornero unificando aspi e miniaspi e rapportando la durata dell'assegno all'effettiva contribuzione in un periodo più lungo, rivedendo alcuni requisiti d'accesso - conclude la nota - rimane il nodo politico: auspicavamo misure per una maggiore qualità dei rapporti di lavoro, qui invece siamo in presenza della liberalizzazione dei licenziamenti e di un po' di aumento di forme di assistenza. Continuiamo a pensare che la priorità sia creare occupazione, e se le risorse per la decontribuzione fossero state impegnate per politiche attive e un piano per l'occupazione dei giovani avremmo avuto un effetto molto diverso. Per queste ragioni la Cgil continuerà la mobilitazione in modo forte e deciso sino a riconquistare ed estendere i diritti a tutti i lavoratori>.


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