Data: 29/11/2013
Chieti e la meccanica: il gelo della crisi sull'indotto delle grandi aziende
Una lunga sequenza di vertenze, per la Fiom bisogna puntare alla qualità
<La crisi del sistema produttivo italiano è di eccezionale gravità, invertire questa tendenza è la priorità per mantenere il Paese competitivo e salvare l'occupazione. L'Italia deve rimanere un grande Paese manifatturiero e deve dotarsi di una nuova idea di sviluppo e di crescita, fondata sulla sostenibilità ambientale e la green economy>. Ferma restando la coesione sociale, ovviamente, <a partire dal superamento del divario territoriale tra nord e sud del Paese>. E' con queste osservazioni generali che Mario Codagnone, il segretario provinciale della Fiom-Cgil di Chieti, inizia la sua nota su quel che accade in Abruzzo e in particolare nella sua provincia. D'altra parte questa regione è un pezzo di un paese in crisi (che ha già perso il 25% della sua capacità produttiva), all'interno del quale il comparto manifatturiero della provincia teatina ha rivestito negli ultimi decenni un ruolo di primo piano. E' accaduto e accade soprattutto nel comparto meccanico (la Sevel da sola esporta il 60% dell'intera regione), laddove l'arrivo delle grandi aziende ha fatto nascere sul territorio e soprattutto in Val di Sangro un sistema di aziende dell'indotto, una serie di imprese medio-piccole che producono per le multinazionali insediate nell'area. Un "modello" diverso da quello di altre zone, all'Aquila per esempio un indotto non è mai nato attorno alle grandi imprese (neppure prima che esplodessero le varie crisi aziendali) mentre a Teramo un maggiore vivacità imprenditoriale e la vicinanza alle aree di sviluppo (il modello adriatico) hanno fatto crescere una ricca costellazione di fabbriche, senza multinazionali o grandi aziende, la cui forza è stata il radicamento sul territorio ma la cui debolezza comincia proprio dalle dimensioni ridotte e dalla difficoltà di fare rete (per esempio nella ricerca) ed esportare sui mercati esteri. Ma torniamo alla provincia di Chieti. Se le grandi aziende rallentano, è soprattutto sulle piccole e sull'indotto che si scaricano i costi della crisi. Codagnone apre l'elenco delle vertenze e ricorda quel accade in alcune fabbriche, dove la perdita di posti di lavoro, la delocalizzazione produttiva e le crisi aziendali hanno causato parecchie vertenze. <Penso al fallimento della Società Valsinello di Gissi - scrive - con 76 lavoratori finiti in mobilità, oppure al blocco della Valteck, con altri 15 lavoratori fermi che al momento non hanno nessun ammortizzatore sociale>. Vertenze messe in campo per salvare posti di lavoro ma anche <per recuperare a un discorso produttivo tecnologie e professionalità>. <Penso alla chiusura della ACS in Valdisangro - continua il segretario della Fiom teatina - che produceva spugne per i sedili del Ducato Sevel e che solo una direzione aziendale miope e arrogante ha potuto decidere, non rispettando la lotta e i sacrifici di 23 lavoratrici e lavoratori. Penso alla forte riorganizzazione della Honda Italia di Atessa, dalla quale (per la crisi delle vendite dei motocicli in Italia e in Europa) sono usciti circa 300 lavoratori ed altri centinaia di posti di lavoro si sono persi nell'indotto>. Così, mentre <in questi mesi vi sono stati pesanti sacrifici dei lavoratori>, è stato anche firmato un accordo al MISE, il ministero dello Sviluppo economico, <che dovrà permettere entro il 2016 il risanamento e il rilancio produttivo e occupazionale. Se questo accadrà - aggiunge Codagnone - la Honda rimarrà realmente una risorsa per il territorio e per l'indotto ora in forte sofferenza>. D'altra parte alla multinazionale giapponese il sindacato chiede <più commesse e più lavoro di fornitura da fare in zona>, con l'obiettivo di aiutare un indotto <che per resistere dovrà cercare anche di diversificare le proprie commesse>. E tutto ciò in una provincia dove <tante altre sono le situazioni di sofferenza, che richiedono un impegno forte di lotta e di solidarietà a difesa dell'occupazione, con politiche attive per salvaguardare e creare nuovo lavoro e dare un futuro ai giovani>. Per fortuna qualche volta (poche) arriva anche una buona notizia, l'ultima delle quali è che la Sider Vasto è stata rilevata dalla Tecnotubi spa, un'industria siderurgica della provincia di Brescia. Per la Fiom si tratta di un fatto <doppiamente positivo, non solo perché la Sider ha trovato un acquirente solido, ma anche perché l'azienda che subentra si occupa della stessa produzione e quindi per i 55 lavoratori non ci sarà alcun tipo di disagio». Comunque sia si tratta di definire il passaggio di consegne e gli accordi con la nuova proprietà, in modo che la fabbrica, che opera a Punta Penna dal 1978 e che ha già ridotto il personale del 30%, possa riprendere la produzione. Da parte sua Mario Codagnone torna al discorso generale e conclude da dov'era partito. <La ricerca e l'innovazione devono costituire il motore di questo processo di cambiamento - afferma - La fase di emergenza va affrontata anche aprendo un grande ciclo di investimenti in tecnologie e innovazione di prodotto e di processo, da incentivare in forma strutturale, in linea con gli obiettivi in tema di programmazione dei fondi europei. Tra le priorità di tali interventi rientra il sostegno ai settori manifatturieri ad alta intensità occupazionale e ad alto valore aggiunto, per attivare in particolare politiche mirate all'internazionalizzazione e alle esportazioni, al fine di ridurre i processi di delocalizzazione verso i Paesi a basso costo del lavoro>. |
|||||||||||
www.cgilabruzzomolise.it ~ organizzazione@cgilabruzzomolise.it |