Ci sono momenti in cui dovrebbe prevalere il buon senso. Situazioni nelle quali la drammaticità dei problemi consiglierebbe di mettere da parte ruggini e incomprensioni per stringersi attorno a un obiettivo comune. Lasciando ai margini valutazioni e giudizi, tutti legittimi, per cercare di fare almeno un passo avanti.
Nel caso specifico il problema si chiama perdita di posti di lavoro. Anzi un'emorragia, quella che in provincia di Chieti negli ultimi cinque anni ha lasciato sul campo i 2/3 dei lavoratori dell'edilizia. Un'emorragia che si è allargata a tutti i comprensori della provincia, tale per esempio che lungo la costa gli iscritti alla Cassa edile sono crollati e si sono persi 4.000 posti di lavoro (oggi gli addetti sono appena 2000). Una bufera gelata che ha travolto anche gli impianti fissi e le aziende di manufatti e semi-lavorati, un pezzo fondamentale del comparto delle costruzioni, il cui fatturato è già sceso del 37%.
Dipende da fatti e circostanze note: dalla crisi economica al credito che latita, dalle pubbliche amministrazioni che non pagano agli appalti diventati una chimera, al lavoro per i giovani che non c'è a un invenduto che ha raggiunto cifre record. Fatto è che per uscirne la Fillea teatina ha provato a mettere in campo alcune idee, cominciando a discutere con i costruttori e le istituzioni qualche soluzione da scrivere nero su bianco. Tutto facile? Per niente, al punto che non si è riusciti neppure a rendere operativo un protocollo d'intesa tra sindacati e associazioni degli imprenditori, che anzi aspetta da mesi la firma delle aziende.
Certo non sarà la panacea di tutti i mali, ma per Lamberto Vespasiano, il segretario provinciale della Fillea-Cgil, si tratterebbe pur sempre di un primo passo, di uno strumento che almeno attiverebbe l'osservatorio del comparto, che renderebbe chiare le procedure dei lavori e verificherebbe la legalità delle aziende. «Anche in questa provincia decine di imprese vanno in crisi perché non sono pagate dagli enti pubblici o dai privati, inoltre non si costruisce più - spiega Vespasiano - dunque sarebbe utile anche un osservatorio permanente che favorisca il rilancio del settore, l'occupazione e la legalità». Se gli obiettivi sono il ritorno alla manodopera locale, la ripresa dei cantieri e il rilancio delle aziende, nel protocollo non possono mancare né l'istituzione di una patente a punti (per ostacolare e reprimere il lavoro nero prevenendo gli infortuni) né la proposta di un radicale cambiamento delle regole per gli appalti unito alla semplificazione dei meccanismi burocratici.
Proposte semplici solo all'apparenza. Come si è capito già due mesi or sono, quando a metà gennaio i sindacati hanno dovuto registrare il fallimento delle riunione convocata in Provincia per siglare l'accordo. <Una riunione finita nel peggiore dei modi>, osservarono i segretari provinciali degli edili, che non si aspettavano <la piena condivisione di tutti i contenuti del protocollo ma almeno una discussione volta a migliorarne alcuni aspetti, così da poter trovare un accordo con tutti i soggetti interessati (parti sociali, ordini professionali, istituzioni, enti locali)>. Quel che videro invece fu <un completo stravolgimento> del lavoro che i sindacati avevano portato avanti per oltre sei mesi, tale da disattendere <l'appello al senso di responsabilità> rivolto al mondo imprenditoriale. Un atteggiamento che certo non aiuta i lavoratori dell'edilizia in provincia di Chieti (10 mila prima della crisi, di cui 7 mila rimasti senza occupazione e senza copertura degli ammortizzatori sociali), una vicenda che lascia l'amaro in bocca anche perché è estranea al confronto sociale, tale che per il segretario <non è accettabile che le controparti non si siedano al tavolo per fatti che nulla hanno a che fare con le relazioni sindacali>.
Così, in attesa di vedere se il territorio e le parti sociali sapranno trovare un punto d'incontro e di sintesi utile a riaprire i cantieri, il segretario provinciale della Fillea conclude segnalando che a Chieti si prepara un'importante novità (una quota dei ribassi degli appalti pubblici finirà alle ristrutturazioni degli alloggi, integrando le detrazioni fiscali già in vigore) e illustrando alcune priorità per rilanciare l'edilizia nella provincia: la definizione delle infrastrutture (su quale porto puntare?), il loro completamento (per esempio la fondovalle Sangro o la dorsale appenninica che scende da Teramo), il potenziamento delle ferrovie nel tratto da Vasto a Termoli, l'avvio dei lavori di manutenzione sulle scuole e gli edifici pubblici, la messa in sicurezza del territorio (il problema frane per cominciare). Tutti interventi che almeno aiuterebbero a ridurre l'emorragia di lavoro, in attesa di una ripresa economica che tirerebbe con sé anche le costruzioni.