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Data: 13/04/2014

Cinque anni dalla tragedia: per L’Aquila l’altra sfida è costruire una nuova economia

Cinque anni dalla tragedia: per L’Aquila l’altra sfida è costruire una nuova economia
L’anniversario del terremoto, gli ostacoli della burocrazia e il giudizio del segretario della Camera del lavoro

Per fare un bilancio è meglio far scendere la polvere. Cinque anni dal 6 aprile 2009 sono un tempo ragionevole per discutere di quel che si è fatto e di quello che manca, di cosa accade al capoluogo di questa regione a un lustro dal terremoto che ne ha cambiato il presente e il destino. L'anniversario di una tragedia che ha mosso polemiche e dibattiti, carovane di giornalisti, fiumi d'inchiostro e ore di trasmissioni. Tutte benvenute, ovvio, meglio non spegnere i riflettori. E tuttavia per ragionare con Umberto Trasatti, il segretario generale della Camera del lavoro dell'Aquila, è stato utile far passare qualche giorno dall'anniversario, quando decine di comuni abruzzesi si sono risvegliati non solo col ricordo e il lutto ancora vivi ma anche con le case piene di crepe.
Trasatti come tutti noi ricorda bene quella notte, tra il 5 e il 6 aprile 2009. E tuttavia il suo è un ragionamento diverso, che non si riferisce ai cinque anni passati ma soltanto all'ultimo. Perché? <Se vogliamo discutere di ricostruzione dobbiamo partire da un anno fa - spiega - perché la verità è che fino ad allora siamo stati commissariati, prima dal governo e poi dalla Regione. Un ritardo inaccettabile contro il quale la città si è mobilitata ed ha alzato la voce. Fatto è che si è dovuti arrivare al 2012 inoltrato per cominciare a parlare di ricostruzione pesante; c'è voluto il ministro Barca, le nuove norme, una governance con gli enti locali, il concorsone e due uffici speciali per L'Aquila e il cratere (il tutto operativo dalla primavera 2013) per aprire i primi cantieri nei palazzi più danneggiati. E' per questo che parlo solo di un anno di lavoro: dalla primavera del 2013 ad oggi. Un anno durante il quale si è sentita spesso una grande sciocchezza: la ricostruzione non è partita, L'Aquila è ferma. Una fesseria certificata anche dai dati ufficiali forniti dagli Uffici speciali, secondo i quali da aprile dell'anno scorso sono stati approvati e finanziati progetti privati (escludendo le opere pubbliche) per oltre un miliardo e 400 milioni di euro>.

E allora per quale motivo si sono sollevate tante polemiche contro L'Aquila e i ritardi (e gli scandali) della ricostruzione? Tali che alcune testate ne hanno fatto quasi una campagna stampa. <Sono convinto che l'immagine che si è data del capoluogo e dell'Abruzzo non corrisponde al vero. Qualcuno ha voluto raccontarci come una terra di ladri e cittadini dediti al malaffare, ed ha gettato secchi di fango. Per quanto mi riguarda ricordo che siamo stati noi i primi a segnalare quello che non andava, prima ancora dei giornali, ma sono convinto che le accuse hanno dato un alibi ad ambienti per i quali la ricostruzione non è certo una priorità, anche in ambito politico. Ha fatto comodo a molti pensare che siamo fannulloni o profittatori, oppure che usiamo poco tatto e scarsa educazione nel chiedere i finanziamenti. Un ex ministro con delega alla ricostruzione (Carlo Trigilia) ha detto addirittura che il governo non è il bancomat del sindaco Cialente>.

Parlando di bancomat si arriva subito a un altro problema, anzi al problema principale: i fondi per la ricostruzione. E qui Umberto Trasatti affonda la lama nella ferita aperta e rilancia: <Come detto non solo stiamo lavorando, ma abbiamo imparato a farlo velocemente. In un paio di mesi avremo finito tutti i fondi stanziati, compresi gli anticipi dei prossimi anni. Per il resto del 2014 ci servono ancora 700 milioni, mentre dal 2015 avremo bisogno di un miliardo l'anno per finire la ricostruzione. Inoltre è importante ricordare che nel cratere sismico stanno lavorando 12.000 operai e tecnici delle costruzioni (che nei prossimi mesi cresceranno a 16-17mila) e un migliaio di aziende edili di tutta Italia. Una riprova che la ricostruzione dell'Aquila e dell'Abruzzo non è un fatto locale ma un volano per la ripresa del lavoro, del Pil e dell'edilizia in tutto il Paese>.

I cantieri che si vedono in giro sono tanti, però nel capoluogo l'economia ristagna: per quale motivo? <Perché la ricostruzione e il rilancio economico non vanno di pari passo. L'edilizia da sola non basta a frenare l'emorragia occupazionale, d'altra parte un giorno la ricostruzione finirà e nel frattempo dovremo aver realizzato una nuova economia. Oggi però gli altri comparti sono in crisi (industria, commercio, pubblico impiego, cultura: tutti hanno registrato tagli e chiusure), quindi è urgente mettere in campo progetti e politiche attive del lavoro. Inoltre sono proprio il capoluogo e la regione terremotata (57 comuni in tre province abruzzesi, altri 100 comuni fuori il cratere simico) che possono rappresentare il prototipo di un nuovo modello di sviluppo fondato sulla messa in sicurezza del territorio, la qualità e l'innovazione. Un modello che ci consentirebbe di poter dire ai giovani che vengono a lavorare e studiare in questa città di restare con noi per costruire qui il loro futuro>.

E' un tema, quello dello sviluppo, che Trasatti non esaurisce con una battuta. E infatti aggiunge un altro carico di quelli pesanti, una vicenda che scalda parecchio i sindacati, le imprese e gli amministratori: il mancato utilizzo (finora) del 5% dei fondi per la ricostruzione destinato al rilancio economico della città, un ritardo inaccettabile causato da una burocrazia che a quasi due anni dall'assegnazione dei contributi impedisce ancora di spendere i primi 100 milioni di euro destinati all'industria, il turismo e la ricerca. Denaro che già oggi potrebbe mettere in moto investimenti privati per altri 300 milioni in comparti innovativi (farmaceutica, spazio, elettronica, ecc.), con un meccanismo, quello del 5% appunto, che anche negli anni a venire sosterrà la ripresa e il rilancio del territorio. Certo le regole vanno rispettate, ovvio, e tuttavia Trasatti afferma che <se da un lato i progetti devono essere visionati e studiati, dall'altro è inammissibile che i vari livelli della burocrazia pubblica a un anno e mezzo dalla delibera sui fondi (e a un anno dalla presentazione dei progetti) ancora non sblocchino le pratiche>.

Una vicenda che la città, gli enti locali e le parti sociali stanno gestendosi da soli, senza la Regione Abruzzo, senza una giunta regionale che ha <brillato per la sua assenza totale dalle vicende e dai processi della ricostruzione, un'assenza che trova riscontro nei suoi documenti di programmazione economica e finanziaria, dove non si rileva un solo euro per il capoluogo>. Fatti dei quali si tornerà a discutere dopo le elezioni regionali di maggio: per il momento il capoluogo e i centri colpiti dal sisma continuano a battersi per ricostruire un territorio, un'economia e un futuro. Cercando di realizzare un nuovo modello di sviluppo fondato sulla qualità e l'innovazione, con idee e linee di azione che per il segretario <ricalcano e affiancano quelle che la stessa Cgil ha proposto con il suo Piano per il lavoro>.


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