Data: 03/07/2013
Con il “Decreto del fare” ridotte le tutele del lavoro
Si confonde la semplificazione burocratica con la minore prevenzione
Le "semplificazioni" in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro decise dal governo e contenute nel "Decreto del fare" vengono bocciate da Cgil Cisl e Uil. I sindacati denunciano la decisione del governo di procedere per decreto, uno strumento che non può essere utilizzato per definire problemi così importanti che richiedono altre modalità. Quello che si è scelto di intraprendere è dunque un percorso che conduce "a derive molto gravi e pericolose - scrivono Cgil Cisl e Uil - che rischiano di ridurre le tutele del lavoro... in particolare in quei settori e contesti lavorativi a più alta esposizione ai rischi e già caratterizzati da un numero rilevante di infortuni gravi, mortali e di malattie professionali". D'altra parte per Cgil Cisl e Uil quanto accaduto viene "a conferma della pratica dil confondere interventi di semplificazione burocratica con l'alleggerimento delle tutele in materia di prevenzione", sicché il governo "dimostra di non porre la materia della salute e della sicurezza sul lavoro in posizione prioritaria", come attesta "il rifiuto ad un confronto preventivo con le parti sociali". Fin qui le critiche alle procedure e agli strumenti, ma i sindacati si dicono contrari anche al merito di alcuni provvedimenti. Anzitutto Cgil Cisl e Uil bocciano l'eliminazione del Duvri (il documento di valutazione dei rischi che le imprese devono elaborare), che costringe le aziende a dover cambiare le modalità di adempimento e concentra le responsabilità in capo a un solo soggetto il cui ruolo non è garantito da evidenze. Contrarietà anche per l'eliminazione delle procedure standardizzate, appena entrate in vigore per le piccole imprese "a basso rischio". Per i sindacati il nostro Paese farebbe un passo indietro nel comparto delle piccole e medie imprese, dovendo anche registrare (proprio su questo punto) una sanzione europea. Ai sindacati inoltre non piace la "semplificazione" sostanziale del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) e del Piano Operativo di Sicurezza (POS), né l'abolizione di una serie di notifiche all'organo di vigilanza a carico del datore di lavoro e il cui mancato adempimento configura un reato penale. Si tratta in particolare delle notifiche relative al superamento dei limiti di esposizione agli agenti chimici pericolosi; ad eventi imprevedibili di esposizione ad agenti cancerogeni; della notifica preliminare prima dell'inizio dei lavori di rimozione o demolizione di materiali contenenti amianto e di quella relativa alla dispersione nell'ambiente di agenti biologici pericolosi (tutte "semplificazioni" che comporterebbero limitazioni reali all'accertamento di irregolarità). Un altro "no" riguarda l'abolizione dell'obbligo di comunicazione all'autorità giudiziaria, alla Asl e all'Inail degli infortuni gravi e mortali (viene conservato solo nei riguardi dell'Inail). Anche perché, affermano Cgil Cisl e Uil, "in tal modo le autorità di pubblica sicurezza dovranno farsi carico di procurarsi le informazioni e questo, oltre ad allungare i tempi, richiederebbe un'azione specifica per ciascun dato. Infatti in caso di mancata attivazione da parte delle autorità, queste rimarrebbero all'oscuro del fenomeno infortunistico relativo a lesioni o omicidi colposi, con evidenti conseguenze sul piano dell'eventuale accertamento di irregolarità". E neppure piacciono gli interventi di "semplificazione" relativi all'informazione, alla formazione e alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori per tutte le prestazioni lavorative di breve durata, che a differenza dell'agricoltura non hanno alcuna regolazione specifica. Da parte loro i sindacati preannunciano iniziative sul territorio e "interventi diretti sulle commissioni parlamentari coinvolte nei lavori sul testo, al fine di determinare la conclusione dell'iter legislativo con una eliminazione complessiva dei provvedimenti...", e tutto ciò prima della scadenza del decreto (il 21 agosto). |
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