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Data: 30/01/2015

Contratto a tutele crescenti: decreto sbagliato e inemendabile

Contratto a tutele crescenti: decreto sbagliato e inemendabile
Le osservazioni della Cgil in Senato, il 10 febbraio confronto a Pescara sul Jobs Act

Un provvedimento che ridefinisce <la regolamentazione dei licenziamenti>, e non <l'introduzione di una fattispecie contrattuale definita a tutele crescenti ancorché a tempo indeterminato>.
Così, in maniera semplice e chiara, la Cgil nazionale ha definito il testo del decreto presentato dal Consiglio dei Ministri. Una ragione preliminare al no del sindacato, affermano da Corso Italia, anche perché il decreto <traduce in una secca monetizzazione il diritto alla tutela in caso di licenziamento senza giusta causa, oggettivo o soggettivo, individuale e collettivo>. Un testo dunque <sbagliato e inemendabile>.
Un parere negativo reso anche in occasione di confronti istituzionali - la recente audizione in commissione Lavoro del Senato - e di cui si tornerà a discutere anche in Abruzzo, nel seminario che la Cgil regionale ha promosso a Pescara il 10 febbraio (si leggano accanto i particolari nella rubrica Eventi).
E non è tutto. Perché per quanto riguarda il provvedimento di riordino degli ammortizzatori sociali <la Cgil, che ha sempre sostenuto la necessità di una riforma universale degli ammortizzatori, ritiene che il decreto comunque non assolva globalmente alla funzione di rendere le misure veramente universali, come da tempo pronunciato e sostenuto da parte del governo. Per i lavoratori parasubordinati in particolare - aggiunge - si rimarcano notevoli differenze, sia per requisiti che per durata, rispetto ai lavoratori subordinati>.
Tutte considerazioni contenute nei testi consegnati dal sindacato ai senatori della commissione Lavoro proprio nell'incontro avente ad oggetto il decreto "recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti" e quello relativo al "riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati", in attuazione della cosiddetta legge Jobs Act.

Per quanto riguarda il decreto sul contratto a tutele crescenti, secondo la Cgil nazionale <il provvedimento nel suo insieme, oltre che generalizzare la pratica della precarizzazione dei rapporti di lavoro, divide i lavoratori tra chi un lavoro ce l'ha e i nuovi assunti. Esattamente il contrario di quel che serve, e cioè di superare le divisioni e le contrapposizioni introdotte da una vasta e diffusa legislazione sui rapporti e sulle tipologie di lavoro che hanno indebolito e impoverito il lavoro stesso>. In più <tale provvedimento, ancorché combinato con la decontribuzione prevista nella legge di Stabilità, non pare sufficiente a determinare quella crescita occupazionale di cui avremmo bisogno, in ragione di un'assenza sostanziale di politiche di sostegno agli investimenti, alla domanda aggregata e a una ripresa dell'intervento pubblico in economia volto a stimolare l'innovazione diffusa dei processi produttivi, oltre che di politica industriale>.

La Cgil inoltre, nella memoria consegnata ai senatori sul contratto a tutele crescenti, sostiene che <se la necessità di una liberalizzazione de facto dei licenziamenti era giustificata nelle intenzioni dalla volontà di determinare un aumento dell'occupazione, il provvedimento in esame interviene al massimo incentivando il turn over e non già la stabilità dei rapporti di lavoro, e se non corroborato da una ripresa economica moltiplicherà la quantità di esclusi>. Allo stesso modo <risulta sbagliata e incomprensibile la limitazione del ruolo del giudice nella ponderazione della sproporzione in caso di verifica nei licenziamenti disciplinari di insussistenza del fatto materiale, la cancellazione del cosiddetto "rito Fornero" introdotto dalla legge 92-12, e l'assimilazione di trattamento tra licenziamenti legittimi e illegittimi a prescindere che siano oggettivi o soggettivi, nella nuova accezione disciplinari o economici>.
Infine il caso dei licenziamenti collettivi, dove <il divieto di intimare il reintegro in caso di violazione dei criteri di scelta ai sensi della legge 223-91 mina la portata stessa della funzione di tutela su parametri che non determinino discrezionalità e discriminazioni, coerentemente con gli orientamenti comunitari>.
Tutti fatti sui quali il sindacato nazionale sta portando avanti la mobilitazione e il confronto, e che la Cgil Abruzzo ha posto al centro del seminario che si terrà il 10 febbraio nella sede regionale.


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