Skip to main content

Data: 16/06/2014

Crescono disagio e precariato: quasi 10 milioni in sofferenza

Crescono disagio e precariato: quasi 10 milioni in sofferenza
Il monitoraggio dell’Associazione Bruno Trentin, dati in picchiata negli anni della crisi

Ci sono parole - sofferenza e disagio - che si ripetono spesso (e spesso a sproposito) quando si racconta del lavoro che non c'è o di famiglie costrette a tirare avanti con poche centinaia di euro. Parole e affermazioni dietro le quali c'è una realtà molto concreta e diffusa, che fotografano una condizione che interessa ormai una fetta consistente delle società italiana: quasi 10 milioni di persone.
E' un numero - 9,3 milioni di concittadini - che l'Associazione Bruno Trentin (ABT) della Cgil ha diffuso al termine del monitoraggio periodico che scandaglia anche la sofferenza e il disagio occupazionale, ovvero le persone in difficoltà a causa della carenza di lavoro o per la precarietà della loro occupazione. Un esercito che negli ultimi anni, quelli della crisi, è aumentato di oltre la metà degli effettivi.
Fatto è che il disagio e la sofferenza per un lavoro che non c'è o che resta precario hanno raggiunto alla fine dell'anno scorso il picco più alto dall'inizio delle rilevazioni: appunto 9 milioni e 300 mila persone in difficoltà. Con un aumento rispetto al monitoraggio che ha preceduto la crisi, nell'ultimo trimestre del 2007, che addirittura ha superato tre milioni di persone: 3 milioni e 370 mila italiani in più in stato di disagio e sofferenza. E neppure sono migliori gli altri numeri forniti dall'Associazione, secondo la quale alla fine dell'anno scorso l'area della sofferenza occupazionale (disoccupati, scoraggiati e occupati in cassa integrazione) contava 5 milioni e 95 mila persone (quasi il 90% in più rispetto alla rilevazione ante-crisi del 2007), mentre la cosiddetta area del disagio (part-time involontario e lavoro a termine o in collaborazione involontario) coinvolge 4,2 milioni di italiani, che prima della crisi erano il 30% circa in meno.
Come non bastasse, oltre all'occupazione che non c'è o che resta precaria si registra una diminuzione del volume complessivo del lavoro, tale che in una settimana si è passati da una media di 38,5 ore abitualmente impegnate (dato 2007) ad una media di 36,9 ore settimanali. D'altra parte l'Associazione Trentin rileva che "la caduta del numero di occupati è stata eccezionale nel 2013 ed ha colpito consistentemente anche il lavoro temporaneo. Inoltre è particolarmente significativo che questo crollo abbia avuto luogo nel 2013, quando era già pienamente a regime la normativa che per la prima volta prevede contratti a termine senza causale per un anno".
Per concludere un confronto europeo, che evidenzia come l'andamento dell'occupazione italiana diverga sempre più da quanto accade in altri Paesi: il tasso medio di disoccupazione in Europa (UE a 28 nazioni) ha perso infatti quasi mezzo punto percentuale (da 10,9% a 10,5%) tra aprile 2012 e marzo 2013, a fronte di un aumento maggiore nel nostro Paese (dal 12 al 12,7%). La differenza di +2,2 punti registrata a marzo dell'anno scorso inoltre è molto significativa se si considera che ancora nel 2011 il tasso di disoccupazione in Italia era di oltre un punto sotto la media dell'Unione (8,4% contro 9,6%). E' dunque "dall'insieme di tutti questi dati - concludono all'Associazione Trentin - che risulta evidente il progressivo deteriorarsi della condizione di lavoro in Italia e l'assoluta necessità di puntare a crescita e sviluppo attraverso uno straordinario piano per il lavoro".


www.cgilabruzzomolise.it ~ organizzazione@cgilabruzzomolise.it