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Data: 08/10/2013

Disoccupati e scoraggiati, i giovani a rischio di esclusione

Disoccupati e scoraggiati, i giovani a rischio di esclusione
Forum lavoro (2. parte): crescono ammortizzatori e sofferenza, la scommessa della ricostruzione

Se la situazione è quella descritta, un'incognita che preoccupa ancora di più è il futuro dei giovani. In Abruzzo come altrove.

Al problema accenna Sandro Giovarruscio, della segreteria regionale Cgil, il quale ricorda che in questa regione il calo dei disoccupati (-22 mila nell'ultimo trimestre) dipende purtroppo dagli inattivi che aumentano, dagli sfiduciati che non sperano più in un lavoro e smettono di cercarlo riducendo le liste ufficiali dei disoccupati.

Tra chi rinuncia a cercare i giovani sono tanti, anche quelli con alta formazione e scolarità. Se questa regione crea poche occasioni perde anche talenti e cervelli agili: per tutti il dato drammatico che riguarda i neolaureati, un quarto dei quali appena (il 24%) riesce a trovare lavoro in Abruzzo.

Un altro problema serio riguarda invece chi il lavoro ce l'aveva e teme di perderlo. Giovarruscio ricorda il rosario delle aziende che chiudono, una cassa integrazione che equivale a 18.000 lavoratori, e soprattutto la restrizione governativa sui fondi per gli ammortizzatori. D'altra parte che il sistema vada rivisto e che la gestione debba passare dal centro ai territori lo affermano anche le Regioni, d'accordo nel chiedere la gestione decentrata degli ammortizzatori. E tutto ciò mentre i giovani entrano ed escono di getto dal mercato del lavoro, con chiamate che durano appena 50 o 60 giorni, e poi il giro ricomincia...

E' un problema, quello degli "inattivi", 38.000 giovani abruzzesi che non studiano e non lavorano, dal quale riparte anche Emilia Di Nicola, da poco alla guida della Camera del lavoro di Pescara, che si domanda <come rimetterli all'interno dei processi produttivi> e parla di realizzare (accanto a quello nazionale) anche piani del lavoro territoriali.

Così, detto che a Pescara e provincia <i disoccupati sono al livello massimo degli ultimi dieci anni>, che <si assiste a una desertificazione industriale> e che <proposte nuove vanno fatte anche nei settori tradizionali (per esempio la pubblica amministrazione o la scuola), la segretaria ricorda che alla mobilitazione e agli happening tenuti a nel capoluogo adriatico, da ultimo quello degli imprenditori e delle altre parti sociali, non è seguita l'apertura di nessun tavolo sulle aree di crisi, a cominciare dalla Val Pescara; che bisogna ripartire dalle bonifiche (Bussi e Saline) e che i fondi Fas possono servire a "fare sistema" nella regione, scegliendo le priorità. Fatto è che la disuguaglianza è aumentata, e con essa i problemi sociali, mentre al contrario i fondi governativi diminuiscono: è una crisi <dalla quale usciremo tutti cambiati>, dice Emilia Di Nicola, che richiede l'apertura di tavoli e ambiti di discussione.

Un argomento, la cosiddetta "questione sociale", sul quale insiste anche Loretta Del Papa, dello Spi, che parla degli effetti delle politiche recessive, delle crepe ai comparti cruciali (<abbiamo distrutto la scuola...>), della <rottura di quella coesione che ci salva e ci rende soggetti attivi di trasformazione sociale mentre fanno un paese civile>. Temi ripresi anche da Paolo Castellucci, segretario provinciale uscente di Pescara, che parla del calo dei consumi, del <rischio di rompere il rapporto di fiducia tra lo Stato e le giovani generazioni> e <della necessità per il governo di fare delle scelte>, con tutte le conseguenze del caso.

Fatto è che la crisi ha travolto tutti i comparti, compresi i servizi. Lo sa bene Giovanni Timoteo, che dal suo punto di osservazione (è segretario regionale della Filctem) parla di una <sofferenza diffusa> e osserva che in Abruzzo le aziende investimenti li fanno pure, in tecnologie e innovazione, e <tuttavia non producono lavoro>. Timoteo racconta dunque di un <problema di sistema>, di <incapacità politica> e di <mancanza di progettualità e di un pizzico di coraggio> (nella gestione dei temi più delicati, a partire da quelli con risvolti ambientali significativi, ndr) della classe dirigente di questa regione.

Un coraggio e un'iniziativa che Umberto Trasatti, segretario della Camera del lavoro dell'Aquila, vorrebbe applicati anche nella vicenda del post-terremoto. Certo non l'unico problema della provincia, dove alla stagnazione pesante della Valle Peligna si aggiungono i guai più recenti della Marsica (<dove si sta squagliando l'intero comparto industriale>) ma certamente il più importante e che va affrontato per quello che è: un dramma i cui esiti peseranno sul futuro dell'intero Abruzzo.

Così, lanciato l'allarme sul fatto che gli stanziamenti per la ricostruzione sono finiti, il segretario aquilano aggiunge che <i fondi per una tragedia vanno trovati fuori dal patto di stabilità>, si chiede <se c'è la volontà di fare una battaglia per avere le risorse che servono al territorio colpito> e conclude su un aspetto del quale si discute da tempo: <Con la crisi che c'è, a partire da quella dell'edilizia, quali saranno le conseguenze che patirà l'intera regione, e non soltanto L'Aquila, se la ricostruzione dovesse bloccarsi?>.

(fine 2. parte, le altre nelle News)


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