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Data: 03/03/2015

Donne e lavoro: la discriminazione costa il 15% del Pil

Verso l’8 marzo, aumenta il divario con l’Europa mentre la politica non c’è

Una ricerca condotta dal Fondo monetario internazionale sui danni del sessismo nel mondo calcola che l'Italia perde il 15% del Pil a causa della discriminazione contro le donne. D'altra parte nel nostro Paese il divario di genere è dato in aumento.

Le cause di tutto ciò sono molteplici: la differenza salariale a parità di lavoro tra uomini e donne, lo svuotamento del welfare, una mancanza di infrastrutture e servizi che rende difficile coniugare impiego e vita privata, con il risultato che in Italia dopo il primo figlio la metà delle donne non lavora più. La crisi inoltre, che per essere contrastata avrebbe bisogno di interventi specifici a favore dell'occupazione femminile, ha fatto invece emergere in maniera drammatica la questione della mancanza di lavoro per le donne, un problema irrisolto che fa crescere la distanza tra l'Italia e il resto d'Europa (e gli Stati Uniti).

Un tema che doveva essere un banco di prova del primo governo paritario italiano, il quale continua invece a sottovalutare il ruolo e la necessità di politiche volte ad incentivare l'occupazione femminile, allontanando anche in questo modo l'obiettivo di far tornare a crescere il Paese.

Un problema, il superamento delle disuguaglianze tra uomini e donne nel mondo del lavoro, che la Cgil ha individuato per la giornata dell'8 marzo e che sarà al centro anche del dibattito internazionale in vista della 59a sessione della Commissione delle Nazioni Unite che si aprirà il 9 marzo a New York per fare il punto sulla Dichiarazione e Piattaforma d'Azione di Pechino (a vent'anni dalla sua adozione) per valutare i progressi compiuti e gli ostacoli che ancora limitano la sua piena attuazione.


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