A ricordare l'entità del problema sono stati nei giorni scorsi il segretario generale della Cgil Abruzzo e il segretario regionale della Fillea. Davanti a microfoni e telecamere Gianni Di Cesare e Silvio Amicucci ci hanno messo poco a raccontare i numeri della crisi che da tempo spazza i cantieri e i ponteggi della nostra regione.
Al punto che in circa due anni e mezzo l'edilizia abruzzese ha perso altri 2.400 occupati, 672mila ore di lavoro e quasi 6 milioni e mezzo di massa salari. Numeri pesanti e più che sufficienti, alla Cgil e alla Fillea regionali, a reiterare un allarme che la politica e le istituzioni abruzzesi tardano a comprendere nonostante i dati forniti provengano da una fonte più che autorevole: la Commissione nazionale paritetica delle casse edili, un organismo che registra l'andamento del settore edile almeno per la parte che si può monitorare, quella che agisce legalmente e non opera al nero.
E ciò mentre "tutti parlano dell'Abruzzo - hanno ricordato i due dirigenti sindacali - come il cantiere più grande d'Europa, quello della ricostruzione post-terremoto". Fatto è che in Abruzzo "da ottobre 2013 a marzo 2015 siamo passati da 12.829 a 10.419 lavoratori edili, mentre le ore lavorate sono scese da un milione 744 mila a un milione 71mila, il che in soldoni vuol dire che la massa salati (le buste paga) si è ridotta di 6 milioni e mezzo di euro: da 17 milioni 108mila a 10 milioni 654 euro. Con la riduzione che ne consegue del Pil abruzzese, ovvero della ricchezza prodotta in questa regione. Per quanto concerne le imprese inoltre si è passati da 2784 a 1996 aziende, perdendone 788 sulla strada della crisi.
Alla luce di questi dati la Cgil e la Fillea hanno sollecitato il presidente della giunta regionale, Luciano D'Alfonso, a passare dalle dichiarazione ai fatti. "Si deve semplificare il sistema - hanno chiesto Di Cesare e Amicucci - e certo non per eludere i controlli ma per poter cantierizzare prima le opere. Inoltre la ricostruzione post-terremoto sta rallentando, dunque va riattivata dando rapidamente un impulso su questo fronte. Inoltre in Abruzzo nel settore delle costruzioni c'è quasi un miliardo di euro di opere pubbliche da trasformare in cantieri, ed anche le aziende private e i cittadini hanno bisogno che la Regione si doti di politiche precise e di regole che velocizzino e rendano fluido l'iter per aprire i cantieri. Infine il tema della stazione unica appaltante, che va fatta mettendo un freno al lavoro nero e all'illegalità. La Regione si muova, per ripartire non possiamo permetterci di perdere altro tempo".