Data: 19/12/2013
I “forconi” e le piazze, la sfida del sindacato
Il parere dei segretari delle Camere del lavoro abruzzesi sul movimento di protesta
<La Cgil nazionale ribadisce ferma condanna per tutti quegli atti, talvolta violenti, che in questi giorni hanno colpito le proprie sedi>. E' quanto ha scritto il sindacato di Corso Italia dopo l'ultimo episodio di Firenze, preceduto da alcune provocazioni e talvolta <da vere e proprie aggressioni ad alcune Camere del lavoro, come in Puglia o in Piemonte>. Si riferisce, la Cgil nazionale, ad alcune iniziative violente attuate da una piccola parte dei cosiddetti "forconi", un movimento che esprime una protesta reale e che tuttavia resta <largamente minoritario, confuso, già spaccato al suo interno e privo di chiari obiettivi e rivendicazioni>, le cui iniziative quando sfociano in episodi violenti <non possono che trovare la nostra condanna>. D'altra parte <la Cgil... non si lascerà intimorire da intimidazioni e provocazioni, e come sempre proseguirà le proprie battaglie a difesa della democrazia e per i diritti dei giovani, dei precari, dei disoccupati, dei lavoratori e dei pensionati>. Così, tracciata la linea invalicabile del no alla violenza, del rifiuto di una forma di protesta che l'estrema destra prova a cavalcare o di iniziative che rischiano di essere infiltrate da chi considera le piazze un'arena per la guerriglia, resta da capire come possa accadere tutto così rapidamente. Cosa si pensa in Abruzzo di questi sommovimenti, come la vedono i dirigenti delle Camere del lavoro in una regione dove la protesta ha preso vita in diverse circostanze (a Lanciano, Pescara, Avezzano, Teramo, in Val Vibrata ed altri luoghi) e dove finora non si sono registrati fatti di violenza ma solo episodi "caratteristici": dalla funzionaria del Caf che a Nereto ha sfidato i "forconi" che bloccavano la strada, al manifestante con bandiera rossa e divisa da ufficiale sovietico che a Teramo è stato allontanato da un picchetto di manifestanti. E allora restiamo in quella provincia, dove Alberto Di Dario, il segretario generale della Camera del lavoro, prende atto che il malessere sociale c'è ed è diffuso. Aggiunge però che <il movimento 9 dicembre è molto sopravvalutato dal punto di vista mediatico> e che ai picchetti nel Teramano non si vedono molte persone. Fatto è che il malessere monta e qualcuno cerca di cavalcarlo, è una protesta però dai contorni sfocati che finisce per coinvolgere ogni tipo di persona. Succede quindi <che l'interesse immediato sia molto forte e che questo ci trovi impreparati>, anche perché i bisogni mordono sui periodi brevi mentre la crisi è strutturale. E' vero inoltre che i forconi esprimono una rabbia senza risposte e proposte, e tuttavia Alberto Di Dario è del parere che quanto accade <ci obbliga comunque a stare molto attenti>, anche perché <in questi anni non abbiamo saputo dar voce allo scontento sociale>. In conclusione <dobbiamo recuperare le forze per incalzare e fare nuove proposte, intercettando meglio il bisogno delle persone e la voglia di partecipazione>. Da Chieti il segretario della Cgil provinciale, Germano Di Laudo, aggiunge <che questo tipo di protesta è il frutto di quanto è accaduto negli ultimi vent'anni. Del fatto che al "valore del noi" si è sostituito il "valore dell'io">. Per uscirne c'è bisogno quindi di ritrovare uno spirito unitario e di cercare <le risposte, anche singole o di categoria, all'interno di un contesto collettivo>. D'altra parte se il nemico diventano persino le Camere del lavoro è la dimostrazione che il disagio si esprime anche contro i luoghi simbolo. Per Di Laudo un'altra occasione di dibattito c'è, e sono i congressi del sindacato, che devono rappresentare <un'occasione di confronto con i lavoratori e un momento per chiarirci le idee>. Tra i problemi che i movimenti pongono c'è quello della rappresentanza. Lo ribadisce pure Emilia Di Nicola, segretaria della Camera del lavoro di Pescara, che vede nei presidi e nei raduni le nuove espressioni sociali del ribellismo di piazza: partite Iva, piccoli imprenditori, protestati, artigiani (insieme a disoccupati, giovani, precari ecc.). Per lei c'è bisogno quindi <di mettere da parte un po' di pregiudizi e di uscire dalle sedi sindacali per provare a dialogare con le persone>. Senza dimenticare l'occasione offerta dai congressi. Su una povertà crescente e su un disagio vasto, che si allarga dai disoccupati e i precari alle partite Iva e alle piccole aziende, insiste Umberto Trasatti. Il segretario provinciale della Cgil aquilana aggiunge però che <se da un lato il movimento non si può sottovalutare, dall'altro non mi sembra che esprima nessuna proposta e dunque non guadagni di credibilità>. E' certo però che la piazza <interroga anche noi, e forse anche noi non siamo in grado di intercettare la parte sana della protesta>. Per Trasatti la crisi della rappresentanza è un problema che non coinvolge soltanto la politica ma che chiede risposte a tutte le istituzioni sociali, sindacato compreso. La paura del domani, la povertà e il lavoro che manca alimentano il malcontento, e tuttavia <si tratta non soltanto di capire quanto accade ma anche di cogliere il disagio in quei pezzi di società che dovremmo rappresentare, di vedere in che misura non hanno trovato sponde neanche da noi e di dargli rappresentanza e voce>. E' la sfida che la Cgil raccoglie da chi agita le piazze senza fornire risposte e proposte, il tema che nel prossimo futuro impegnerà il sindacato. Ad iniziare dai congressi. |
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