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Data: 08/10/2013

I freni dello sviluppo: risorse, infrastrutture e burocrazia

I freni dello sviluppo: risorse, infrastrutture e burocrazia
Forum lavoro (3. parte): le richieste dei territori dove l’industria è ancora forte

Se l'Abruzzo vuol tornare a crescere deve fare molte cose, ovviamente. Un elenco che ogni intervento arricchisce e articola. Tuttavia quel che abbiamo va conservato e tenuto al meglio in attesa di tempi migliori, anche attraverso gli ammortizzatori sociali, assicurando un reddito e tenendo vive professionalità e imprese che altrimenti si perderebbero per sempre.

Le ricchezze di questa regione dunque vanno difese, bisogna farlo per non far cedere i pilastri sui quali risollevarsi. E tuttavia Germano Di Laudo, il segretario generale della Cgil di Chieti, aggiunge che <c'è bisogno anche di fare un passo avanti, di provare a ragionare su come far entrare nuove aziende in questa regione e in questa provincia>.

Tema non facile che il segretario affronta alternando domande e risposte. 1 - Se nuove imprese non aprono è sempre colpa dei soldi che mancano per incentivarle? Non sempre, spesso i problemi maggiori sono quelli del contesto, dell'ambiente dove dovrebbero insediarsi. 2 - Per esempio? L'incapacità degli enti locali, la burocrazia, la mancanza di programmazione. 3 - Di nuovo. Le aziende chiedono aiuti economici e fiscalità di vantaggio ma tutto ciò non basta: che altro serve? Intanto chiarezza ed efficienza. Dalla richiesta di insediamento, al progetto e all'autorizzazione non possono passare tempi biblici. Se istituzioni e territori non daranno risposte veloci avremo parecchi problemi. 4 - Che dire delle infrastrutture?, anche questa provincia ne fa un punto cruciale. Si pensi ai porti da attrezzare per i trasporti marittimi, alle merci su rotaia, ai raccordi ferroviari verso le aree industriali e portuali, alle grandi strade. E' dagli impedimenti e dai ritardi su queste opere fondamentali che nascono le lamentele delle aziende, è anche a causa loro che si perdono nuovi investimenti. Accade per questi e altri nodi irrisolti, il costo dell'energia per esempio, che in Abruzzo è più cara del 30%.

A Germano Di Laudo tuttavia non piace parlare solo di emergenze. <Anche perché - aggiunge - se all'emergenza non colleghiamo programmazione, capacità di realizzare e azioni di contesto corriamo di rischio di veder crescere le disuguaglianze anche fra i vari territori>. Dentro l'Abruzzo e persino dentro le province.

Un ruolo fondamentale era e resta quello della Regione, che si limita però a rincorrere le crisi (quando lo fa....) ma non ha la volontà di immaginare e costruire un futuro. Dunque di decidere. Al punto che quando il sindacalista accenna ai <nuovi modelli di sviluppo> lo fa per esprimere una preoccupazione: che l'Abruzzo, di questi modelli, corra il rischio di non essere più protagonista.

Poco più a nord, in provincia di Teramo, lo scenario è molto diverso. Niente grandi fabbriche e una miriade di piccole imprese: il modello Adriatico del dopoguerra, il mezzadro diventato artigiano e imprenditore. Alberto Di Dario, che guida la Camera del lavoro teramana, racconta di <una situazione nuova>, di <uno scenario dinamico>. Fatti nuovi quindi, ma la ripresa ancora non si vede: <possiamo dire soltanto che oggi la caduta è finita>.

E allora i numeri spesso non raccontano tutta la realtà. C'è uno scenario nel quale moltissime aziende commerciali del tessile-abbigliamento, quasi la metà di quelle più piccole, sono finite in mani straniere, soprattutto cinesi.

Imprese che iniziano ad assumere i primi italiani ma che hanno fatto del lavoro nero, della scarsa igiene ambientale e della poca sicurezza i loro punti di forza. Un fenomeno che in Alberto Di Dario provoca inquietudine anche per un altro motivo: in un momento di stretta al credito, di scarsa disponibilità finanziaria, dove si prendono questi soldi? come si finanziano i passaggi di proprietà?

Vicende molto lontane dall'altro "pezzo", l'altra faccia, dell'imprenditoria teramana: le imprese che rientrano in provincia (da dove erano andate via), quelle che riescono ad esportare, le aziende che si coalizzano per darsi forza competitiva.

Per il segretario provinciale c'è bisogno allora <anche di un piano del lavoro territoriale, di elaborare un progetto credibile in una provincia frantumata>, ma anche <di capire quale rapporto avere con Cisl e Uil in una situazione nella quale non possiamo star fermi>. Anche Di Dario parla della necessità di nuove infrastrutture, sottolinea che un problema serio della provincia teramana è il ritardo delle zone interne e dà il titolo di uno dei prossimi dibattiti: come funzionano i parchi nazionali? Quali proposte mette in campo la Cgil per utilizzare la risorsa verde dell'Appennino?

Un quesito per nulla stravagante in una provincia che per tanti anni è stata trainata dalla piccola industria. <Pensiamo alla Val Vibrata - conclude Di Dario - per tanto tempo ci si è chiesti se la terra serviva per i capannoni o per l'agricoltura. Oggi non è più così, oggi il lavoro va considerato a 360°. Compresi i servizi, sui quali il Teramano è in fortissimo ritardo, comprese le cooperative sociali>.

(Fine terza parte, le altre nelle News)


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