Spiega Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio: "Nel nostro paese continua un processo di progressiva precarizzazione e dequalificazione dell'occupazione. Un processo che ha portato l'area del disagio al punto più alto degli ultimi dieci anni, penalizzando particolarmente i più giovani. Contestualmente continua a peggiorare anche la qualità della nostra occupazione in termini di qualifica professionale, in controtendenza con quanto avviene nel resto d'Europa". Parole chiarissime pronunciate dopo aver visto cifre e numeri, quelli emersi da una ricerca - "Il disagio nel mondo del lavoro" - che racconta di un malessere che non arretra, che coinvolge non soltanto chi un lavoro deve trovarlo ma anche chi un'occupazione ce l'ha già.
Un malessere e tanta preoccupazione che non riguardano pezzi secondari del mondo del lavoro, numeri ristretti, ma che al contrario coinvolgono milioni di lavoratori. Al punto che secondo la ricerca - che alleghiamo integralmente - le persone nella cosiddetta area del disagio occupazionale (coloro che in modo involontario e non per scelta svolgono un lavoro temporaneo o a tempo parziale), nel nostro paese sono addirittura 4 milioni 492mila, con un incremento del 45,5% rispetto al 2007, appena prima della grande crisi.
Stando a questi numeri, il 20% di chi esercita un lavoro temporaneo o parziale lo fa con disagio e malessere. E questo perché, lo ripetiamo, non ha scelto quel tipo di occupazione - a termine, parziale e con retribuzioni più basse - ma perché ha dovuto subirla suo malgrado. Accade a un lavoratore su cinque, la percentuale più alta degli ultimi dieci anni, che al sud è ancora peggiore (23,9%) rispetto alle regioni del nord (17,7%), che interessa di più le donne (26,9%) rispetto ai uomini (15,2%), i giovani (il 60,7% tra 15 e 24 anni, il 32% nella fascia 25-34 anni), i lavoratori stranieri (poco più di uno su tre) e gli occupati con un basso titolo di studio (mostrano più disagio il 22,8% dei lavoratori con licenzia media, cinque punti in più di coloro che hanno una formazione universitaria). Numeri che crescono ancora se si lavora negli servizi collettivi e personali, negli alberghi e ristoranti, nei comparti dove il lavoro a termine e parziale è più frequente, dove il disagio lavorativo tocca il 39% degli occupati.
Così, detto che nel nostro paese l'occupazione si sta progressivamente precarizzando e dequalificando, e che il disagio e l'insicurezza coinvolgono ormai milioni di persone, la Fondazione Di Vittorio non può fare a meno di sottolineare un altro problema. Il fatto cioè che in Italia continua a peggiorare anche la qualità del lavoro, e che tutto ciò avviene in controtendenza rispetto al resto d'Europa e in generale dei paesi più sviluppati, che aumentano la competitività indirizzano gli investimenti per valorizzare saperi, ricerca e innovazione. Paesi dove da molti anni i lavoratori aumentano nelle attività ad alta qualificazione, mentre da noi l'occupazione in attività non qualificate è cresciuta come quella intellettuale e tecnica. Anzi tra il 2013 e il 2016 il lavoro dequalificato è cresciuto ancora di più.
P.S. In allegato la ricerca della Fondazione Di Vittorio