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Data: 09/02/2016

Jobs Act e miracoli mancati: non cambiano i dati del lavoro

Jobs Act e miracoli mancati: non cambiano i dati del lavoro
Il saldo degli occupati 2015 identico a quello del 2014, quando la riforma e gli sgravi alle imprese non erano ancora in vigore

Quelli che si leggono sono "commenti entusiastici da parte di autorevoli esponenti del governo e della politica sui dati diffusi dall'Istat e sugli effetti salvifici del Jobs Act", e tuttavia questi commenti non solo non convincono ma anzi contraddicono gli stessi dati, la cui lettura deve preoccupare. Perché? Perché dall'analisi dei numeri emerge che "per quanto riguarda gli occupati il saldo positivo del 2015 è esattamente lo stesso del 2014, anno in cui Jobs Act e sgravi non erano in vigore, gli inattivi inoltre continuano a crescere mese dopo mese".
E' un giudizio molto severo quello col quale la Cgil nazionale, con le parole di Serena Sorrentino, ha commentato i dati provvisori diffusi dall'Istat sugli occupati e i disoccupati a dicembre 2015. Per la Sorrentino infatti "nel dicembre 2014 l'Istat registrava un aumento in valore assoluto di 109mila occupati su base annua, con una crescita dello 0,5%: esattamente lo stesso saldo del 2015, +109mila persone occupate e +0.5%". Alla sindacalista quindi viene da chiedersi, al di là della paradossale coincidenza dei numeri, "se davvero si può parlare di effetto miracoloso del Jobs Act e di riuscita delle politiche di elargizione alle imprese dell'esonero contributivo", e tutto ciò considerando "una tendenza uguale all'anno precedente, quando non c'erano né i vantaggi fiscali né i licenziamenti illegittimi facilitati".
Di qui l'osservazione che i diritti cancellati con il Jobs Act e i 3,5 miliardi alle imprese in tre anni attraverso l'esonero contributivo hanno prodotto soltanto 48mila posti di lavoro, sicché parlare di successo della riforma appare davvero una forzatura.
"La politica - continua la segretaria confederale della Cgil - ha la responsabilità di verificare l'efficacia delle iniziative legislative, e se questi sono i dati occorre riflettere sulla reale portata del Jobs Act. Anche perché nell'ultimo trimestre del 2015 si è registrata pure una crescita degli inattivi (+0,2%, ovvero 32mila persone in più), il dato che segnala lo scoraggiamento di chi cerca occupazione e che sottolinea l'urgenza di un investimento serio sulle politiche attive del lavoro. Un'azione che finora non è stata messa in campo, considerando la nuova agenzia Anpal (nata senza risorse e senza strumenti e non ancora operativa) ed anche la vertenza dei lavoratori dei centri per l'impiego, che assume connotati sempre più drammatici e di incertezza. Dunque siamo alla solita, vecchia politica: grandi proclami, scarsi risultati, e soprattutto un uso sbagliato delle risorse".
Tutte vicende che confermano "il fallimento delle riforme epocali che hanno snaturato il diritto del lavoro scegliendo di delegare alle imprese la crescita e di svalutare l'occupazione", rispetto alle quali la Cgil ha presentato la sua proposta di Carta dei diritti universali con l'obiettivo di arrivare a una svolta radicale sia sul fronte degli investimenti che sulla regolazione del mercato del lavoro. "Se le risorse date alle imprese dalla legge di stabilità avessero finanziato un serio piano di politiche attive e progetti di inserimento lavorativo - conclude la sindacalista - l'occupazione prodotta sarebbe stata più alta e di maggiore qualità".


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