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Data: 10/06/2013

L’anno nero delle retribuzioni, i salari reali hanno perso 500 euro

L’anno nero delle retribuzioni, i salari reali hanno perso 500 euro
Dopo lo studio della Cgil una relazione Bankitalia: l’articolo del Corriere della Sera

La perdita del potere di acquisto e le conseguenze che ne derivano sono stati oggetto di una recente ricerca della Cgil. A questo tema il Corriere della Sera ha dedicato un articolo prendendo spunto da un'analisi della Banca d'Italia che di seguito pubblichiamo 

 

Adesso lo dice anche la Banca d'Italia. I salari perdono denaro sonante in termini di potere d'acquisto e le retribuzioni sono più povere. Tra il 2011 e il 2012, gli stipendi reali, quindi al netto dell'inflazione, hanno perso l'1,9%, scendendo in media per unità di lavoro dipendente da 25.130 euro a 24.644 euro, quasi 500 euro in meno nelle tasche dei dipendenti in un anno. Questo emerge dalle tabelle contenute nell'appendice alla Relazione annuale di Bankitalia, secondo le quali il calo più evidente è quello che riguarda le retribuzioni dei dipendenti della pubblica amministrazione, passate da 31.964 a 30.765, e che quindi perdono 1.200 euro a causa principalmente del blocco dei contratti. Addirittura oltre i 1.200 euro perde il credito. In questo settore si passa infatti da 42.551 euro di retribuzione lorda reale per unità di lavoro dipendente a 41.336 anche a causa del turn-over e dell'uscita verso la pensione di lavoratori con retribuzioni alte che sono stati sostituiti da giovani con salari molto più contenuti. Nella pubblica amministrazione, invece, come si è già detto, è in atto il blocco del turn-over. Fino al 2014, è possibile assumere al massimo il 20% delle persone che escono dal lavoro, sia in termini di lavoratori che di spesa, oltre a quello dei rinnovi dei contratti e quindi del recupero dell'inflazione. Tra il 2009 e il 2012 le retribuzioni reali dei dipendenti pubblici hanno perso in media quasi 2.000 euro all'anno, passando da 32.654 a 30.765 euro lordi reali. Hanno poi perso potere d'acquisto le retribuzioni reali in tutti i comparti, ma nell'industria in senso stretto il calo è stato molto più contenuto con 240 euro persi in media, da 28.619 a 26.379, e quasi l'1% in meno, mentre in agricoltura si sono persi oltre 400 euro (da 14.402 a 13.984) e nei servizi oltre 600 (ma nel comparto sono considerati anche i salari dei dipendenti pubblici). Scendono ovunque le retribuzioni reali, scendono in media per unità anche nella sanità e nell'assistenza sociale, con un decremento che va da 28.141 euro lordi reali all'anno a 27.138. Nel commercio si passa da 23.358 a 23.014 e nei servizi di alloggio e ristorazione da 19.942 a 19.525. Fanalino di coda per le retribuzioni sono sempre le attività di famiglie e convivenze, quindi anche i collaboratori domestici, i badanti, i baby sitter, insomma tutti i servizi domestici, passati da 13.320 euro a 13.086. L'arretramento degli stipendi reali, al netto dell'inflazione, è una drammatica realtà che aggrava la crisi economica e frena la ripresa e la crescita. Anche perché da uno studio della Cgil risulta che se pure l'Italia riuscisse, come in molti annunciano, a intercettare la ripresa economica che sarebbe prevista per il prossimo anno, non riuscirebbe comunque «mai» a far fare un balzo in avanti ai salari, ovvero, non si recupererebbero i soldi perduti in questi pochi anni. Lo studio prevede il recupero del gap del Pil in 13 anni, quindi nel 2026, il recupero dell'occupazione addirittura in 63 anni, soltanto nel 2076, per tornare alle 25.026.400 unità di lavoro standard nel 2007 dalle 23.531.949 del 2014 (con una differenza di 1.494.451 posti di lavoro). Non si recupererà mai invece il livello dei salari reali: in confronto con l'inflazione effettiva, cioè il deflatore dei consumi, la variazione è negativa nel 2014.


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