I ricercatori la chiamano "economia non osservata". E' un pezzo d'Italia che sfugge alle leggi e alle statistiche - una combinazione di economia sommersa, informale e illegale - che viene stimata e quantificata in una cifra enorme: 250-290 miliardi di euro l'anno.
Numeri contenuti nella ricerca "L'economia non osservata", curata dall'Associazione Bruno Trentin in collaborazione con l'Istituto di ricerca Tecnè e il Centro Europa Ricerche (Cer). Un lavoro che si è prefisso tre obiettivi: 1) studiare il fenomeno dell'economia non osservata, ossia quell'economia sottratta alla contabilità nazionale e conseguentemente al sistema fiscale, cercando di quantificarne le dimensioni e la rete di affluenti. 2) misurare la percezione del fenomeno e rilevare le opinioni dei cittadini sui sistemi di contrasto più efficaci, non soltanto in chiave repressiva ma anche preventiva. 3) stimare, in base ai dati della contabilità nazionale, quale sarebbe il maggior gettito da impegnare sulla base di due criteri: equità e stimoli alla crescita.
La ricerca dunque parte dall'analisi di ciò che accade e finisce con una proposta concreta: dal Tax gap (la differenza tra imponibile della fiscalità nazionale e gettito effettivo) utilizzando dispositivi di contrasto più efficaci si potrebbero recuperare annualmente 14 miliardi di euro. Risorse aggiuntive che potrebbero finanziare alcuni interventi come l'estensione del bonus ai lavoratori dipendenti e ai pensionati incapienti (7,3 miliardi) e l'ampliamento degli investimenti a favore dell'occupazione (6,3 miliardi). Proposte che per il Cer porterebbero un aumento del Pil dell'1,2% in quattro anni, un calo dell'indebitamento di 4,5 miliardi e 144mila occupati in più.
Comunque sia, l'istituto di ricerca suddivide ulteriormente il valore annuale non dichiarato: 160-185 miliardi di sommerso, 20-25 miliardi di economia informale (i beni e servizi sono legali ma vengono forniti da operatori non ufficiali e con processi produttivi e transazioni economiche non contabilizzate) e 70-80 miliardi di economia illegale. Sulla base di questi dati l'evasione totale è valutabile in 93 miliardi, con un mancato gettito di 55 miliardi di euro, dei quali 14 miliardi possono essere recuperati rendendo più efficienti le norme in essere e aumentando o attivando le misure di contrasto all'evasione.
Lo studio inoltre stima il "risparmio" delle famiglie: una famiglia di quattro persone che attinge al circuito ufficiale per i bisogni principali (mangiare, vestire, abitare, curarsi, ecc.) spende mediamente 2.845 euro, mentre se utilizzasse canali non ufficiali spenderebbe soltanto 1.735 euro. Un "risparmio" che aumenta al Nord (40%) e scende leggermente al Centro (39%) e al Sud (37%).
Gli italiani inoltre sono ben consapevoli dell'evasione fiscale: per l'86% è un fenomeno molto diffuso, mentre l'84% giudica inefficaci le azioni di contrasto finora messe in campo. Circa il modo di combatterla, il 72% chiede di intensificare controlli e sanzioni, il 59% di scaricare più spese dai redditi, il 48% di ridurre al minimo le transazioni in contanti. Ma soprattutto l'89% degli interpellati ritiene che più tutele a sostegno dei lavoratori, politiche attive dell'occupazione e azioni di contrasto possano combattere il lavoro irregolare in modo serio ed efficace.
<L'evasione è fatta da piccoli gesti quotidiani - commenta il presidente di Tecnè, Carlo Buttaroni - è un circuito che si autoalimenta a tutti i livelli. Pensiamo ai grandi evasori, ovviamente, ma anche alle attività professionali di ridotte dimensioni che esercitano piccoli metodi di evasione. In questo scenario si innestano altri fenomeni come la corruzione, che vale 65 miliardi l'anno, e la ricaduta negativa sull'ambiente>.
<Sono dati di assoluta gravità, che ci dicono come l'evasione sia un comportamento diffuso nella struttura produttiva del paese - aggiunge Susanna Camusso - C'è un pezzo consistente della nostra economia che evade, anche i piccoli imprenditori: per questo il governo non può ragionare per soglie sul falso in bilancio e la lotta all'evasione. E non si può riprodurre la logica dei condoni, seppure in altra forma. Se c'è un comportamento che viola la norma va sanzionato, tranne in caso di ravvedimento operoso. Negli altri casi non può esserci esenzione, neanche per le piccole dimensioni: altrimenti il messaggio che passa è scorporate l'illegalità per piccole quote e non sarete perseguiti>.
La segretaria della Cgil infine si è soffermata sul lavoro nero, uno scandalo che coinvolge un bacino fra 3 e 3,8 milioni di lavoratori e <che spiega la distonia tra occupazione e disoccupazione nei dati ufficiali, ci dice dov'è finito il pezzo mancante. Dunque bisogna cambiare passo, tenendo conto che la maggioranza dei lavoratori in nero interpellati ci risponde: "Almeno così lavoro". Ma il lavoro nero è una estorsione nei confronti delle persone in stato di bisogno, sicché vanno previsti strumenti di sostegno, come gli ammortizzatori sociali universali, e va risolto il problema delle tipologie contrattuali>. Un antidoto potente è la creazione <di lavoro legale, l'offerta di un'occupazione buona. E poi i controlli: E' fondamentale renderli efficaci, per questo è contraddittorio depotenziare l'attività ispettiva: suonerebbe come un via libera dichiarato all'illegalità>.
P.S. Chi vuole consultare la ricerca può collegarsi alla pagina internet dell'Ires nazionale (all'indirizzo web www.ires.it) e cercare il testo nelle "Aree Ricerca", in rosso a sinistra, dove tra le altre è presente la voce "Economia non osservata".