Data: 02/12/2013
L’Istat conferma: l’Abruzzo perde lavoro
Sfumati 31.000 posti, all’orizzonte una ripresa debole e senza nuove occasioni di occupazione
Il dato è veramente pesante, il peggiore degli ultimi dieci anni: nel terzo trimestre 2013 il tasso di disoccupazione in Abruzzo ha toccato quota 11,8%, mentre nello stesso periodo dell'anno scorso era stato del 9,5%. Sono i numeri che fornisce l'Istat e che fotografano una crisi quinquennale che ha ridimensionato il peso economico dell'Italia e dell'Abruzzo, che ha portato allo stremo le fasce sociali più deboli e di cui a stento s'intravede la conclusione, nonostante i più ottimisti garantiscano <il rallentamento della crisi> e colgano addirittura <una leggera ripresina>. Che la crisi corra o che stia rallentando cambia poco, all'orizzonte non si vedono nuovi posti di lavoro e anzi quelli "vecchi" continuano a diminuire. Quelli nelle aziende compresi, perché le imprese (quelle che restano attive e non delocalizzano) sono alle prese con processi di ristrutturazione e riorganizzazione che passano troppo spesso nel taglio del costo del lavoro. D'altra parte mentre il governo si affanna a spargere ottimismo (varando una legge di stabilità che non darà crescita e peserà sui "soliti noti": da qui la reazione dei sindacati) si ascoltano anche ministri ed economisti affermare che la ripresa, quando ci sarà...potrebbe essere una ripresa senza lavoro, con una domanda interna congelata e un aumento del Pil modesto, stimato l'anno prossimo attorno allo 0,4%. D'altra parte a risollevare la situazione l'export da solo non basta, quel che serve è rimettere un po' di soldi nelle tasche di chi guadagna meno, rilanciando i consumi interni e facendo pagare più tasse a chi può farlo, colpendo rendite e speculazioni. In parole semplici cambiando la politica economica e industriale del governo, anche togliendosi dal collo il cappio del rigore ad ogni costo e mettendo in campo politiche anticicliche che favoriscano nuova occupazione (per tutti il Piano del lavoro presentato dalla Cgil). Tornando alla nostra regione, c'è da segnalare un calo preoccupante del tasso di occupazione (53,1% nel terzo trimestre 2013, rispetto al 56,9% dell'anno prima) e la diminuzione del tasso di attività (oggi al 60,4%), e tutto ciò mentre gli abruzzesi in cerca di occupazione sono arrivati a 64 mila. Fatto è che nel periodo considerato l'Abruzzo ha perso anche 31 mila posti di lavoro, sicché gli occupati scendono sotto la soglia del mezzo milione (nell'ultimo trimestre dell'anno scorso erano 508 mila) e si fermano ai 477 mila di oggi: 20 mila in agricoltura, 144 mila nell'industria e circa 314 mila nei servizi. Un calo soprattutto nel comparto industriale (-5,4% complessivamente), con punte particolarmente critiche nell'edilizia. Senza dimenticare che accanto a queste cifre bisognerebbe mettere i numeri degli abruzzesi interessati dai vari ammortizzatori sociali, che l'Istat nelle sue statistiche colloca tra gli occupati. Fra le parole pesanti del ministro del lavoro, Enrico Giovannini (<Nel 2014 avremo un aumento del tasso di disoccupazione anche con la crescita del Pil... Per contrastare la disoccupazione la crescita dovrà essere non solo esistente ma anche persistente>) c'è tuttavia un concetto che la Cgil va ripetendo da tempo e che la giunta regionale abruzzese ha faticato molto ad accettare, ovvero che tante persone sfiduciate hanno smesso di cercare lavoro, e quindi che il numero reale dei disoccupati è maggiore di quel che raccontano le statistiche. Senza interventi pubblici di sostegno alla crescita e senza azioni mirate a creare lavoro neppure la ripresa, quando verrà, porterà la nuova occupazione che serve. A partire dai giovani e dal Mezzogiorno, Abruzzo compreso. |
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