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Data: 31/01/2014

La crisi non risparmia l’Abruzzo multietnico

La crisi non risparmia l’Abruzzo multietnico
L’ultimo rapporto Caritas-Migrantes sull’immigrazione, 75mila stranieri residenti

La crisi non risparmia (quasi) nessuno. Colpisce i lavoratori e le famiglie, compresi quelli che arrivano da lontano e che da noi, in Italia e in Abruzzo, hanno trovato da vivere e lavorare. Stranieri immigrati che negli ultimi tre anni hanno registrato <un significativo ridimensionamento generale dei livelli occupazionali>, criticità che il mercato del lavoro deve fronteggiare e che <interessano anche la componente straniera, tradizionalmente attestata su maggiori livelli occupazionali rispetto alla forza lavoro italiana>.

E' quanto spiega il XXIII Rapporto sull'Immigrazione, lo studio con il quale ogni anno la Caritas e la Fondazione Migrantes raccontano la realtà degli stranieri in Italia, fornendo un'analisi dettagliata del fenomeno, dipingendone un quadro statistico in tutte le regioni italiane.

In Abruzzo, in particolare, nel 2013 risiedevano 74.939 cittadini stranieri. Non moltissimi per la verità, tali comunque che la loro percentuale sulla popolazione, pari al 5,7%, è molto inferiore rispetto alla media nazionale (in Italia tra regolari e clandestini ci sono quasi 5 milioni di stranieri). Inoltre sono L'Aquila e Teramo le province della nostra regione dove vivono più stranieri, moltissimi dei quali lavorano (oltre 72mila) pur se il tipo di occupazione prevalente cambia a seconda delle province: in quella di Teramo molti stranieri lavorano nel settore industriale, delle costruzioni e in agricoltura; nel Pescarese invece la propensione è per i servizi e l'assistenza familiare; in provincia di Chieti predomina l'industria mentre in quella dell'Aquila l'occupazione si concentra nell'edilizia (spinta recentemente dalla ricostruzione post-terremoto) e in agricoltura, soprattutto nella Marsica. Un territorio quest'ultimo dove gli stranieri occupati nei campi sono davvero numerosi e dove si sono registrati gravi episodi di sfruttamento. Situazioni pesanti che non risparmiano neppure altri comparti economici, per esempio quello delle cosiddette badanti, dove una ricerca puntata sul Chietino ha evidenziato che poche donne sono state assunte regolarmente. Al contrario di quel che afferma uno studio sugli immigrati nella provincia teatina (dati Unioncamere-Movimprese), secondo il quale nel 2013 i contratti a tempo indeterminato erano ancora diffusi, in particolare nell'industria e nell'edilizia, nonostante la precarizzazione del lavoro.

Fatto è che gli immigrati si mettono anche in proprio ed aprono aziende. Nella nostra regione le imprese "straniere" a fine 2012 erano 12.363, con un tasso di crescita del 3,5% e un saldo attivo di 425 aziende: l'8,2% delle imprese attive in Abruzzo (numeri in controtendenza rispetto a quanto accade alle aziende "italiane"). Inoltre è quella teramana la provincia che annovera il maggior numero di aziende (4.068) ma è a Pescara e a Chieti che si è registrata la crescita maggiore delle imprese "straniere", rispettivamente del 6,3% e del 4,5%.

Numeri che disegnano una regione aperta al mondo, che ospita persone provenienti per lo più da Romania, Albania, Marocco e Cina. Famiglie e comunità che pur lavorando sono comunque molto più povere di quelle italiane. Dunque una regione multietnica, soprattutto nelle scuole, dove gli alunni stranieri sono più di 13.000. Se l'anno scorso il numero di persone residenti nella nostra regione è aumentato, lo si deve soprattutto agli stranieri. D'altra parte anche le previsioni sull'Abruzzo dei prossimi anni indicano che la popolazione continuerà a crescere, a partire dalla fascia lavorativa dai 15 ai 64 anni. Uomini e donne che arriveranno da noi per cercare una vita e un lavoro, ai quali si dovrà rispondere con politiche adeguate dell'accoglienza, dell'integrazione e della stessa formazione professionale.


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