"Nonostante la crescita del Pil, la qualità dello sviluppo del Paese nel 2017 si ferma agli stessi livelli del 2016. Ciò è determinato dalla permanenza di una grande area di povertà e da un'ancora più grande area di vulnerabilità economica e sociale. Crescono le diseguaglianze e la forbice sociale si allarga, con la ricchezza che tende a concentrarsi nella popolazione ad alto reddito. Aumentano le distanze territoriali tra nord (in particolare il nord-est) e il resto del Paese. Cala la fiducia economica e le attese per i prossimi 12 mesi. Peggiora l'indice che misura l'equità economica".
E' una fotografia che preoccupa quella presentata a febbraio dalla Fondazione Di Vittorio e dall'Istituto Tecnè, che alleghiamo in questa pagina. Una ricerca che parla anche della sfiducia per il futuro, tale che soltanto il 5% delle famiglie italiane credono di poter migliorare la propria condizione economica, mentre il 28% afferma di vederla ulteriormente peggiorare, a partire dalle famiglie a basso reddito. E neppure va meglio per quanto riguarda il lavoro, visto che nei prossimi mesi le attese sull'andamento dell'occupazione resteranno stabili per il 44% delle persone, mentre il 38% ridurrà persino le sue speranze. D'altra parte gli italiani sono ancora più pessimisti sul futuro economico del Paese, che per il 32% sarà peggiore di oggi, per il 51% uguale e solo per il 17% migliore.
Accade anche perché la forbice sociale si allarga, perché "le dinamiche della crescita non diminuiscono le diseguaglianze né producono nuova occupazione, soprattutto di qualità". Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, osserva infatti che la concentrazione della ricchezza continua a crescere, e contemporaneamente peggiora la percezione sul futuro di una parte importante del mondo del lavoro e delle famiglie italiane. E' un fenomeno che però "si tende a nascondere", anche perché "le diseguaglianze sono state una delle cause della crisi e il loro permanere nella fase più alta di crescita del Pil degli ultimi tre anni spiega il diffuso pessimismo e malcontento tra le persone, e le forme di risentimento sociale di cui si alimentano i populismi. I dati generali migliorano o sono stazionari - osserva la segretaria - ma è proprio la mancanza di fiducia nella prospettiva economica, sia del Paese che delle famiglie, che colpisce. Pochi stanno meglio, molti continuano a stare male. Al massimo la loro condizione smette di peggiorare".
Dunque "è evidente che la qualità della ripresa non è all'altezza delle necessità. Troppo forte il suo carattere congiunturale e non strutturale, così come troppo elevata resta la differenza tra il nord e il sud. Per questo le proposte del sindacato insistono su investimenti produttivi, a partire dalle nuove tecnologie digitali, sul governo dell'innovazione e sulla qualità dell'occupazione".
P.S. In allegato la ricerca presentata a febbraio