Data: 08/10/2013
Meno capitali e più idee: il new deal dei beni comuni
Forum lavoro (4. parte): i nuovi settori e il ruolo dell’Europa. Da rivedere il Patto di stabilità
Ci sono fatti, in Abruzzo, che il forum ha più volte rimarcato. Ci sono ruoli e funzioni fondamentali che dovrebbero sottolineare responsabilità (e capacità di decidere) che pochi invece, sinora, hanno saputo e voluto prendersi. Ruoli cruciali come quello della Regione, incalza Rita Candeloro, della segreteria regionale, che insiste sulla necessità di saper spendere i fondi che si hanno, sul fatto che <le risorse si sbloccano troppo lentamente>, su uno <stop and go> (così lo chiama) al quale bisogna metter fine. D'altra parte la sindacalista non dimentica <che la ricchezza abruzzese è anche il suo territorio>, che la sua cura e la sua manutenzione possono creare lavoro. Soprattutto scegliendo alcune priorità, che individua nelle politiche per le città e in quelle per le zone interne. E neppure va trascurata l'industria, che in questa regione resta un comparto forte che va difeso. Lo sa bene Nicola Di Matteo, che dopo un passato in Fiom si occupa oggi di politiche industriali, secondo il quale <se non difendiamo il lavoro che c'è e ne creiamo di nuovo anche il welfare che conosciamo rischia di saltare>. Si riferisce, l'ex segretario delle tute blu abruzzesi, alle tante aziende di questa regione, al crocevia che porta o al consolidamento oppure al rischio del declino, soprattutto delle grandi fabbriche. Anche lui insiste sul "fattore tempo", sull'urgenza di realizzare gli investimenti che servono (infrastrutture, porti, banda larga) e sul <grande ritardo> che l'Abruzzo ha accumulato. Alcune risposte prova a darle infine Danilo Barbi, del dipartimento economico della Cgil nazionale, il quale raffredda l'ottimismo di qualche politico (<la ripresa ancora non c'è, è soltanto una frenata alla discesa>) e ricorda che dai calcoli del sindacato - ai ritmi di crescita previsti - l'Italia recupererà i posti di lavoro persi nella crisi... in una settantina d'anni. L'Europa stessa ha ceduto posizioni (prima della crisi il suo Pil era il 30% di quello mondiale, oggi è sceso al 24%), e dal 2007 la crisi ha lasciato sul campo, nel mondo, 200 milioni di posti di lavoro. Il che equivale a dire che per recuperare quelli persi e trovare occupazione ai giovani bisognerebbe creare 600 milioni di posti in pochi anni. Un film di fantascienza. <Se uno ha un pensiero forte può sbagliare, ma se non ha pensieri sbaglia sicuramente> pungola Barbi, secondo il quale le attuali politiche europee servono soltanto a difendere i creditori. Se non vogliono condannare alla disoccupazione milioni di giovani, l'Italia e l'Europa devono cambiare politica e strategia, anche <creando il lavoro attraverso il lavoro> (ambiente, edilizia sostenibile, nuovi servizi, manutenzione del territorio, ecc.). <Se tu dici che non c'è niente da fare la democrazia si indebolisce, e neppure è vero che non c'è soluzione, al contrario>. Che vuol dire? La Cgil di proposte concrete ne ha fatte parecchie, attraverso il Piano del lavoro, <le alleanze poi si fanno con chi ci sta, anche con le imprese, con chi crede nel cambiamento>. Qualcuno ha coniato anche un termine nuovo: new deal dei beni comuni. Per quanto riguarda la gestione dei soldi, la Banca Europea dovrebbe essere un "istituto di ultima istanza", che presta denaro agli Stati (per finanziare progetti, investimenti e lavoro) e controlla le banche, mentre oggi accade il contrario: sotto controllo sono finiti gli Stati e i soldi vanno alle banche, che non li rimettono nel circuito produttivo. La prima cosa da rivedere è il Patto di stabilità, per liberare risorse. Per Barbi <la soluzione è far crescere la domanda e cambiare il tipo di offerta, nel frattempo il presente va difeso con le unghie e con i denti>. Di settori dove investire se ne possono trovare moltissimi (riqualificazione del terziario, green economy, città, beni culturali, manutenzione del territorio, nuove tecnologie, istruzione, ecc.) ma per questo l'economista rovescia l'equazione: oggi servono meno capitali e più lavoro. (fine quarta parte, le altre nelle News) |
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