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Data: 08/08/2017

Non crescono salari e investimenti, mentre nel lavoro le distanze aumentano

Non crescono salari e investimenti, mentre nel lavoro le distanze aumentano
L’allarme della Fisac e le differenze tra generi e territori

Sono contratti poveri (così vengono definiti) quelli al centro di una ricerca presentata dalla Fisac nazionale e intitolata appunto "Poveri salari - Tra diseguaglianze, crisi bancarie e contratti". Un rapporto realizzato dall'istituto di studi e ricerche Lab, della stessa Fisac Cgil, presieduto da Agostino Megale, che del sindacato dei lavoratori delle banche e del credito è il segretario generale.
Contratti risicati, si diceva, non solo per la categoria ma per tantissimi altri tipi di lavoro. Al punto che dal 2007, quando è apparsa la crisi economica, le retribuzioni medie sono diminuite e la perdita mensile è stata di 75 euro. Al contrario sono cresciute le diseguaglianze tra gli stipendi: più bassi per i lavoratori meridionali, le donne, i giovani e i precari.

<Dall'accordo del 23 luglio 1993 ad oggi - spiega il rapporto Lab - 24 anni dopo, si disegnano salari fermi. All'inizio della crisi, nel 2007, il salario reale era in media di 30mila euro lordi annui, mentre nel 2017 è pari a 29.100 euro>. C'è stata quindi una perdita mensile pari a 75 euro anche perché, e la Fisac lo sottolinea, <senza crescita aumentano le diseguaglianze nel Paese e nel lavoro>.
Quelle diseguaglianze che dunque sono peggiorate e che il rapporto evidenzia: <In Italia ci sono oltre 13 milioni 200mila persone in condizione di povertà assoluta o relativa: 4 milioni 742mila in povertà assoluta, 8 milioni 465mila in povertà relativa>. Un Paese, il nostro, diverso anche per gli stessi lavoratori, tale che <salari più bassi percepiscono le donne rispetto agli uomini (-20%), i lavoratori del Mezzogiorno rispetto alla media nazionale (-14%), i giovani (-21), i precari (-23) e gli immigrati (-20%)".
Non solo. Il rapporto si sofferma anche su numerosi altri problemi, per esempio quello di un Pil italiano che oggi rispetto al 2008, quando la crisi finanziaria ed economica montava, resta ancora più basso di oltre il 7%. E ciò mentre in Spagna il recupero del Pil (la ricchezza prodotta) è quasi completo, e mentre Francia e Germania, che nel 2011 avevano già recuperato i livelli pre-crisi di attività, hanno segnato progressi rispettivamente del 4 e 8%.

Ritardi e difficoltà che si segnalano anche negli investimenti, che in Italia sono stati inferiori di circa il 15% rispetto alla media europea, mentre in Spagna sono scesi solo dell'8% e in Germania e Francia sono addirittura aumentati del 16 e 21%. Se questi sono i numeri, la Fisac non può che osservare: <Mancano gli investimenti e il Paese non cresce o cresce relativamente meno da vent'anni. Senza investimenti è ferma la produttività e il lavoro diventa povero>. Con la conseguenza, conclude lo studio, che <in Germania e Francia un lavoratore, rispettivamente, percepisce in media 765 e 640 euro in più al mese>. D'altra parte <senza investimenti non c'è crescita, non c'è produttività e occupazione di qualità. E senza investimenti ci sono soltanto poveri salari>.
Tutti argomenti approfonditi nella ricerca che si può leggere in allegato.


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