Se vogliamo trovare insieme delle soluzioni alla crisi abruzzese, la giunta regionale deve capire che non può chiudersi in una torre d'avorio ma deve confrontarsi con chi rappresenta le forze sociali e produttive, compresi i sindacati, ripristinando quella tradizione di dialogo e proposta che ha sempre fatto parte del patrimonio politico e istituzionale abruzzese. Un atteggiamento che potrebbe risultare utile anche allo stesso presidente D'Alfonso, se mai dovesse diventare indispensabile aprire con il governo una vertenza che riporti sui tavoli nazionali i tanti problemi della nostra regione.
D'altra parte i numeri diffusi in questi giorni, la perdita in un anno di 10mila posti di lavoro, una cassa integrazione annuale attestata a 33 milioni di ore (che equivalgono a 17.000 persone che non lavorano più) e una riduzione delle risorse che colpisce tutti i canali di finanziamento destinati all'Abruzzo (-321 milioni di Fondi europei, -150 milioni dalla legge di stabilità, ecc.) sono tagli che cadono su una Regione già indebitata per 530 milioni, dove non è una boutade sostenere che si corre il rischio di essere nuovamente commissariati dal governo.
Fatto è che l'Abruzzo registra una fortissima crisi del terziario e in parte dell'industria, che soltanto l'uso massiccio della cassa integrazione, in particolare di quella in deroga (fino a quando ci sarà) è riuscita ad attenuare. Il problema di fondo, se vogliamo evitare di ripetere un elenco di cifre e lamenti, sta nel fatto che l'Abruzzo e i suoi enti locali, a partire dalla massima istituzione rappresentativa, la Regione, è rimasto quasi senza denaro per finanziare nuovi progetti o cofinanziare gli investimenti europei.
Inoltre i risultati prodotti sinora dalla politica nazionale e l'aumento sbandierato dei posti di lavoro si sono limitati soltanto a questi effetti: l'occupazione è cresciuta tra i part-time e le persone più avanti con l'età, mentre sono diminuiti i lavoratori con contratto a tempo pieno e i giovani occupati. Aumentano infine anche coloro che cercano un lavoro.
Meglio dunque tornare a parlarsi, approfittare dei tanti spunti della festa del 1° Maggio per ragionare su cosa dirsi e cosa fare il giorno dopo. A partire casomai dagli appuntamenti di maggio, quando la Cgil abruzzese scenderà in campo su due problemi cruciali per il futuro anche di questa regione: la scuola (con la manifestazione nazionale del 5) e la sanità, un tema decisivo per l'Abruzzo e sul quale (il 12) metteremo la giunta regionale di fonte alle sue responsabilità.
Gianni Di Cesare, segretario generale Cgil Abruzzo