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Data: 14/07/2013

Pubblico impiego: ridotto il personale, non i costi

Pubblico impiego: ridotto il personale, non i costi
Il censimento Istat. Con i tagli lineari welfare in crisi, serve una vera riorganizzazione

Una riduzione consistente delle istituzioni pubbliche (-21,8% nel decennio 2001-2011) e di chi ci lavora, un calo significativo che prosegue da anni e che sfata la convinzione di un settore pubblico gonfio di dipendenti e maniche bianche.

A metter fine alle chiacchiere e ai luoghi comuni ci ha pensato l'Istat presentando il nono censimento dell'industria e dei servizi (che alleghiamo di seguito). Una ricerca che fornisce i numeri delle istituzioni pubbliche italiane (12.183) nell'anno 2011, l'anno di riferimento, e spiega che la pesante riduzione è dipesa da vari interventi normativi e di razionalizzazione del comparto pubblico. Nel 2011 inoltre i lavoratori della pubblica amministrazione erano poco più di 2,8 milioni (né in questi ultimi due anni è andata meglio, anzi), di cui 116 mila esterni, 11 mila temporanei e 69 mila volontari. L'istituto di statistica segnala poi che sono i Comuni gli enti che hanno pagato il prezzo maggiore segnando il calo più consistente di addetti (-10,6%), seguiti dalle Regioni (-8,6%), mentre le Province e le Comunità montane - di cui si annuncia lo smantellamento - hanno aumentato i loro dipendenti rispettivamente dell'11,3 e del 42,9%.

Personale tagliato in modo pesante dunque. Il problema però è che la scure è calata sui settori che offrono servizi ai cittadini, con modalità che hanno indebolito il welfare e senza che sia stata operata una vera riorganizzazione della pubblica amministrazione, men che meno tagliando la spesa pubblica, che infatti in quegli anni è cresciuta.

Tutte vicende che non poteva non provocare la reazione della Cgil e degli altri sindacati. Anzi per le organizzazioni di categoria di Cgil Cisl e Uil <tra tagli agli organici e blocco del turn-over il numero dei dipendenti pubblici è sceso drasticamente, senza alcuna attenzione agli effetti sui servizi essenziali e socialmente sensibili offerti da enti locali e Regioni, come sanità e assistenza alla persona. Allo stesso tempo la spesa pubblica ha continuato a galoppare, trascinata dalle spese per beni e servizi, cioè acquisti, appalti, consulenze e lavoro interinale. D'altra parte l'Istat stessa certifica un aumento del 18% dei lavoratori esterni>.

Tagliare senza ridurre i costi serve a poco e provoca molti problemi, sicché <i dati mostrano quanto sia controproducente ridurre ulteriormente il perimetro pubblico, che andrebbe invece rimodulato rendendo più moderni i servizi. Dunque occorre investire in dematerializzazione e snellimento della burocrazia, per eliminare le ridondanze, ridisegnare la rete dei servizi sul territorio e valorizzare le competenze>. Se davvero si vuole risparmiare <il miglior modo è rendere la nostra macchina pubblica più efficiente, garantendo ai lavoratori che la tengono in vita retribuzioni dignitose e non ferme al palo per un intero lustro. Su questo si deve concentrare il lavoro del governo e del ministro competente nel confronto con le parti sociali. Quel che serve è una vera riorganizzazione, senza tagli lineari a risorse e dotazioni organiche. E che scommetta in professioni e competenze>.


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