La soglia di povertà fu descritta da un numero. Nel 2017 in Italia fu calcolata in un reddito disponibile pari a 9.925 euro annui (827 euro al mese) quando la famiglia è composta soltanto da un adulto, importi che salgono man mano che la famiglia cresce o se ci sono figli minori.
In questi casi c'è chi parla solo di povertà e chi di "rischio di grave deprivazione", ovvero di persone e famiglie costrette a un'esistenza di rinunce. Anche perché c'è un altro modo per vedere la situazione, come fa l'Unione Europea utilizzando meno numeri e più indicatori pratici (nove): essere in arretrato nel pagamento di bollette, affitti, mutui o altri prestiti; non poter riscaldare adeguatamente l'abitazione; non essere in grado di sostenere spese impreviste di 800 euro; non potersi permettere un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni (con proteine della carne, del pesce o equivalente vegetariano); non poter fare una settimana di vacanza all'anno lontano da casa; non poter acquistare un televisore a colori; non potersi permettere una lavatrice; non poter prendere un'automobile; non poter tenere un telefono. Gli indicatori come detto sono nove: se una persona o una famiglia incorre in almeno quattro di questi, vuol dire che si trova appunto in uno stato di grave deprivazione.
E allora, se questi sono i criteri generali, cosa accade in questa regione? Come se la passano gli abruzzesi? A queste domande ha risposto recentemente l'Istat, in un'indagine sui redditi e le condizioni di vita degli italiani. Ebbene: secondo l'Istituto nazionale di statistica un abruzzese su sei non ha soldi neppure per pagare l'affitto o le bollette, un terzo degli nostri corregionali è a rischio di esclusione sociale, un quinto della popolazione è vicino o ha raggiunto la soglia di povertà. Così - riferendosi alla soglia fissata in Italia con gli importi calcolati nel 2017 - il 34,8% degli abruzzesi rischia l'esclusione sociale e il 19,8% la povertà. In "grave deprivazione" inoltre, e questa volta applicando i criteri europei, si trova circa il 15% degli abruzzesi, una percentuale che in Italia è scesa ma che aumenta in questa regione.
Così, evitando di insistere sull'immagine delle file fuori le mense per i poveri, aperte ormai in tutte le città abruzzesi (con numeri di bisognosi in crescita costante, in maggioranza italiani e non più stranieri), ci limitiamo a dire che sono le regioni meridionali quelle più esposte al rischio di povertà o di esclusione sociale. Mettendo insieme queste due condizioni, povertà ed esclusione sociale appunto, il Sud resta dunque l'area più esposta, mentre il rischio dell'indigenza e del bisogno è minore nel Nord-Est e nel Nord-ovest, mentre è stabile nelle regioni centrali della penisola. Detto quindi che la media italiana è del 28,9% (esclusione sociale), del 20,3% (povertà) e del 10,1% (grave deprivazione), vediamo che il posto dove si vive meglio è la provincia autonoma di Bolzano (con appena l'8,5% delle persone a rischio esclusione e il 6% della popolazione sotto la soglia di povertà), seguita da Trentino Alto Adige, Veneto e Lombardia; al contrario la regione che presenta gli indici peggiori è la Sicilia (con il 52,1% di persone a rischio esclusione, il 41,3% a rischio povertà e il 20,3% a rischio di grave deprivazione), dopo di che vengono la Calabria e la Campania (il Molise si attesta sul 38% in quanto a rischio esclusione e il 31% per quanto riguarda la povertà). La fotografia di un Paese dove le varie aree si allontanano e il disagio sociale cresce.