Aumenti o meno (quelli registrati nel 2014) per l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che raggruppa quasi tutte le economie più avanzate, l'Italia era e resta in retroguardia circa la capacità di retribuire il lavoro dei suoi cittadini. Al 20mo posto, per l'esattezza, tra i 34 paesi dei quali l'organizzazione parigina compara l'andamento economico, le prospettive e i salari reali.
Un dato che conferma l'insufficienza e la dinamica dei salari e degli stipendi in Italia, che nonostante qualche piccolo segnale positivo resta al di sotto della media Ocse e di tutti i maggiori paesi industrializzati per l'ammontare delle retribuzioni percepite dai lavoratori dipendenti.
Circa la dinamica economica, si conferma inoltre che <la crescita resterà timida per un po' di tempo>, in un contesto dove le stime recenti indicano un aumento del Pil fermo allo 0,6% nel 2015 e all'1,5% l'anno successivo, in entrambi i casi <al di sotto della crescita prevista per l'Eurozona e l'insieme dell'Ocse>.
Tornando ai salari, l'organizzazione internazionale ha recentemente diffuso un "Rapporto annuale sull'occupazione" dal quale emerge che i salari medi reali annuali, quelli comprensivi dei prezzi, l'anno scorso in Italia sono stati pari a 35.442 dollari (a parità di potere d'acquisto) mentre l'anno prima si erano attestati a 34.561 dollari.
Nell'Ocse la media dei salari reali nel 2014 è stata di 46.533 dollari. Il dato italiano è il più basso tra le maggiori economie mondiali, al punto che persino in Spagna i salari sono più elevati (in media 38.386 dollari), senza considerare paesi come la Francia (40.917 dollari), la Germania (44.007) e più in alto il Lussemburgo (60.607) o gli Stati Uniti, che con 60.779 dollari medi pro capite guidano la classifica.
Rilevando altri aspetti della nostra economia, il rapporto dell'Ocse afferma che l'anno scorso il costo unitario del lavoro in Italia è aumentato dell'1,2% (area Ocse -0,1%), che il tasso dei senza lavoro ha raggiunto il picco del 12,7% (oltre sei punti in più prima della crisi: 6,1% nel 2007), che è aumentata anche la disoccupazione di lungo periodo, tale che i senza lavoro da almeno 12 mesi sono arrivati al 61,5% dei disoccupati, mentre erano il 56,9% nel 2013.
Tra i tanti temi trattati nella ricerca, non poteva mancare un riferimento alla disoccupazione giovanile, che <in alcuni paesi dell'Ocse è rimasta a livelli molto elevati, al punto da temere che le prospettive lavorative di molti giovani usciti da poco dal sistema scolastico siano compromesse in modo permanente>. D'altra parte se mancano politiche di crescita e occupazione accade anche che in paesi come Spagna, Grecia e Italia si registri un forte aumento dei "Neet", i giovani che studiano, non lavorano e peggio non cercano occupazione. <Il tasso dei Neet - afferma lo studio dell'organizzazione che ha sede a Parigi - è cresciuto del 40% dall'inizio della crisi, aprendo un largo distacco dalla media Ocse... Ad ogni modo nel corso dell'ultimo anno le prospettive lavorative dei giovani si sono stabilizzate, con un tasso di disoccupazione che si attesta attorno al 42%. Circa la disoccupazione giovanile, in Italia l'anno scorso è aumentata di 2,7 punti rispetto al 2013, arrivando a quota 42,7%>. Una percentuale più che doppia rispetto al 2007, che alla vigilia della crisi si fermava al 20,4%.