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Data: 22/05/2018

Scuola: una emorragia di studenti e professori

Scuola: una emorragia di studenti e professori
L’allarme della Flc Abruzzo. I numeri e le cause di un fenomeno che preoccupa

Per la segretaria regionale della Flc-Cgil ci sono vicende "sulle quali in Abruzzo ci dovremmo fare domande molto, ma molto più problematiche".

Cinzia Angrilli si riferisce a quanto accade nelle scuole di questa regione, non solo all'emorragia di studenti e alla perdita di migliaia di posti di lavoro per docenti e personale Ata (tecnico e amministrativo) ma anche a vicende che le statistiche e le tabelle non raccontano come servirebbe. A partire da una povertà crescente, da un lavoro precario o da uno stipendio che vietano ai genitori di iscrivere i figli più piccoli alla scuola dell'infanzia (che non è obbligatoria) o che rendono difficile ai più grandi completare l'iter formativo. Oppure al fatto che l'emigrazione dall'Abruzzo è ripartita, che le giovani coppie (compresi gli immigrati, che finora hanno garantito una buona natalità e quindi un afflusso di studenti) cercano altrove lavoro e futuro.
Così, detto che la denatalità svuota le scuole dei bambini più piccoli e che "nelle secondarie di secondo grado (le superiori) c'è dispersione, abbandono della scuola, un sentimento di malessere che allontana dall'istruzione pubblica sul quale dovremmo tutti interrogarci", la sindacalista ricorda che quest'anno all'Abruzzo non saranno più accordati i posti per docenti in deroga riconosciuti dal ministero dopo i vari terremoti, che l'edilizia scolastica versa in una situazione difficile, che le direttive ministeriali in questa regione sono state applicate in maniera cieca, senza considerare la realtà concreta.
Lo ha fatto ieri in una conferenza stampa convocata all'Aquila dalla Flc-Cgil Abruzzo e altre sigle sindacali del comparto scuola. Un appuntamento per ricordare lo stato costante di mobilitazione e protesta - che continuerà - nel quale i lavoratori della scuola vivono già da alcuni anni (in Abruzzo ancora di più, dopo le varie catastrofi naturali), un'occasione per rendere evidenti i numeri drammatici di questa regione e lanciare l'allarme alle istituzioni e alla politica.
E allora vediamoli questi numeri. Nell'ultimo decennio, dall'anno scolastico 2008-2009 a quello in corso, in Abruzzo la popolazione studentesca è già scesa da 181.713 a 174.882 alunni. Non solo: a questi numeri va aggiunto quello che si riferisce all'anno scolastico 2018-2019, che partirà dopo l'estate (dove sono registrate 2.117 iscrizioni in meno) per un calo complessivo che in dieci anni supera 9mila iscritti.
Inoltre, se per gli studenti si è registrata una vera emorragia, non è andata meglio ai lavoratori della scuola. A cominciare dai docenti, che negli ultimi dieci anni sono diminuiti di circa 4mila unità, e senza risparmiare il personale Ata.
Anticipando i dati relativi al prossimo anno scolastico, 2018-2019, i sindacalisti hanno sottolineato che la diminuzione della popolazione studentesca (2.117 iscritti) riguarderà le scuole di ogni ordine e grado, in tutte le province abruzzesi. Senza dimenticare che i vari terremoti hanno reso la situazione ancora più complicata nelle province di L'Aquila e Teramo.
A perdere più iscritti, in concreto, saranno le scuole dell'infanzia, dove in Abruzzo mancheranno 824 bambini rispetto a un anno fa: -211 a Chieti, -243 all'Aquila, -165 a Pescara e -205 a Teramo. Alle scuole elementari poi la perdita di iscrizioni stimata è di 577 unità (268 iscritti in meno in provincia di Chieti, 228 a Pescara e 180 nella provincia di Teramo, in quella dell'Aquila sono previsti invece 99 studenti in più). Le medie inoltre perderanno 173 iscritti (89 nella provincia aquilana, 126 nel Pescarese, 143 in provincia di Teramo, con l'unica eccezione della provincia chietina, che crescerà di 185 studenti), la riduzione alle scuole superiori infine sarà di 543 unità: -343 nella provincia di Chieti, 158 all'Aquila, 235 a Pescara e 193 a Teramo.
Una vera e propria emorragia, si diceva, causata da vari fattori, da dinamiche di carattere generale ma anche da comportamenti ed errori che riguardano la nostra regione. Naturalmente le scuole materne e dell'infanzia pagano il prezzo della denatalità, ma se i bambini sono meno numerosi dipende anche dal fatto che le coppie giovani (compresi gli stranieri residenti) hanno ripreso a lasciare l'Abruzzo in cerca di fortuna e opportunità. Ci sono poi i fenomeni dell'abbandono scolastico (ovunque) e quello della dispersione (nelle province di Teramo e L'Aquila) causata dai vari terremoti. Fatti che i sindacati denunciano da tempo ma sui quali non ci sono analisi puntali in grado di approfondire i vari fenomeni e quindi i rimedi necessari.
In Abruzzo inoltre le direttive ministeriali sono state applicate soltanto in base a criteri ragionieristici, senza considerare i problemi e le specificità dei singoli territori. Con il rischio conseguente di vedere accorpate le scuole delle zone interne e montane, già alle prese con la riduzione dei servizi e lo spopolamento (o al contrario di veder aumentare le cosiddette classi pollaio, con una trentina di studenti, lungo la costa) che l'Ufficio scolastico regionale potrebbe dover effettuare in linea con il Ministero.
Né si possono trascurare le pessime condizioni dell'edilizia scolastica in questa regione, dove il 41,54% delle scuole è privo di certificazione di agibilità statica, il 65% del certificato di prevenzione infortuni, il 43% del certificato igienico-sanitario e il 76% delle scale di sicurezza. Nelle zone terremotate infine, mentre le autorità continuano ad annunciare l'avvio di lavori e la costruzione di nuovi istituti, migliaia di studenti sono costretti a fare lezione nei Musp "provvisori" e decine di milioni di euro restano ancora fermi tra le carte.


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