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Data: 11/04/2014

Stop all'austerità: l’Europa riparte investendo sul lavoro

Stop all'austerità: l’Europa riparte investendo sul lavoro
La mobilitazione dei sindacati europei per cambiare le politiche dell’Unione e rilanciare la crescita e l’occupazione di qualità

E' una strada in salita, quella europea, non soltanto politica ed economica. Riguarda anche il percorso di avvicinamento fra le politiche sociali, quelle pubbliche anzitutto, e le azioni che impegnano i sindacati di ogni Paese. Temi che non sono lontani dall'Abruzzo, dove si avvertono distintamente (e si sentiranno sempre più forti) gli effetti di decisioni prese a Bruxelles o Strasburgo. E' per questo che le iniziative sindacali si susseguono anche in ambito Ue, in prossimità di una tornata elettorale, quella per il nuovo parlamento europeo, che segnerà uno spartiacque nella storia di questo continente e nelle vite della gente che lo abita. Abruzzesi compresi.

E allora proviamo a raccontarle alcune di queste iniziative sindacali, le più recenti, una mobilitazione che parte dalla Confederazione Europea dei Sindacati (Ces) e contesta l'Unione targata Josè Manuel Barroso, clamorosamente bocciata nell'ultimo summit sindacale dei paesi membri. Un vertice tenuto ad Atene a metà febbraio e che ha fatto incontrare le maggiori organizzazioni europee attorno a un tema decisivo: "Le alternative del sindacato, il futuro dell'Europa, la lezione Greca".

Così, detto che tra le principali centrali sindacali aumenta la consapevolezza <che non si può continuare a marciare separati perché niente oggi è più come prima>  (se ne sono accorti anche nei cosiddetti Paesi forti...) nel mirino non potevano che finire le politiche che hanno guidato Bruxelles, quelle dell'austerity, del rigore e dello smantellamento dello stato sociale. Un perseverare diabolico che ha aumentato gli affanni delle famiglie, penalizzato il lavoro e fatto crescere l'esposizione bancaria in gran parte del Vecchio Continente. Fatto è che le politiche conservatrici e finanziarie non funzionano e colpiscono per primi i Paesi più deboli e i loro cittadini, al punto che la Ces ha messo al centro delle sue proposte un piano straordinario di investimenti da 250 miliardi di euro all'anno e per 10 anni (da articolare ovviamente all'interno dell'Unione) per alimentare la crescita e l'occupazione. E per allentare quei vincoli di bilancio e quella politica di austerità che rischiano non solo di far restare dei sogni gli annunci che vengono da Bruxelles, ma anche di alimentare il sentimento anti-europeo che cresce tra i cittadini.

Se davvero si vuol crescere la ripresa va sostenuta dall'intervento pubblico, anche perché, come ha spiegato Susanna Camusso, <da molto tempo i sindacati europei sostengono che l'ossessione del pareggio di bilancio ha determinato un peggioramento delle condizioni economiche dei Paesi. Inoltre la mediazione che abbiamo costruito insieme nella Confederazione europea si limita a dire che ci vuole un grande investimento e che bisogna tenere questi investimenti fuori dal Patto di Stabilità. Questa oggi è l'unica mediazione che si può costruire... ed è chiaro che quel piano di investimenti sottende l'idea che sia le misure in corso sia le prospettive rispetto al Fiscal Compact, così come sono state definite, non funzionano perché se andiamo all'applicazione rigorosa del Fiscal Compact anche i Paesi che oggi vanno meglio non avranno margini per fare investimenti>.

Concetti ripetuti pochi giorni or sono, il 4 aprile, durante la manifestazione a Bruxelles dei sindacati europei, che non ci hanno messo molto a ricordare che fra il 2009 e il 2013 i salari reali sono diminuiti (anche tenuto conto dell'inflazione) in molti paesi Ue, e in particolare del 3% in Italia. Una compressione dei redditi da affrontare con una riduzione del carico fiscale sul lavoro e rimuovendo il blocco dei contratti. Serve dunque una politica espansiva sia sul terreno dell'occupazione sia in quello dei redditi, ciò che la Confederazione Europea dei Sindacati ha chiamato "Un nuovo corso per l'Europa: il piano per gli investimenti, la crescita sostenibile e occupazione di qualità". Una proposta che poggia sulla considerazione che <a cinque anni dall'inizio della crisi i cittadini europei continuano a soffrire per l'incertezza economica e sociale. Disoccupazione, lavoro precario, disugliaglianze e povertà rovinano la vita di molte persone. Sicché battere la recessione e la stagnazione delle nostre economie, dando speranza e fiducia alle persone, è il compito più urgente per i leader europei. L'Unione Europea ha il potenziale per combattere la crisi. Vi è però un urgente bisogno di prendere una nuova direzione, per ristabilire la situazione economica e creare posti di lavoro di qualità in un'Europa sociale. La Ue deve sfruttare i suoi punti di forza per creare un futuro più prospero, equo e democratico. Bisogna avere una prospettiva a più lungo termine; sono necessari investimenti massicci per dare alle nostre economie un nuovo inizio, basato sulla crescita sostenibile. Noi proponiamo un obiettivo di investimento annuo del 2% del Pil dell'Unione Europea per un periodo di dieci anni. Questo avrà l'ulteriore effetto di aumentare gli investimenti privati e di promuovere misure private di modernizzazione su vasta scala. Investimenti che potrebbero aiutare a costruire una forte base industriale, servizi pubblici di qualità, sistemi pubblici efficienti, con sistemi di welfare inclusivi, ricerca e istituzioni educative innovative>.

Una politica nuova e scelte molto diverse dunque, anche perché <sono stati spesi 1000 miliardi di euro per salvare il settore finanziario, ed altri 1000 si perdono ogni anno a causa dell'evasione e della frode fiscale>. Di qui la conclusione che <è giunto il momento di spendere 250 miliardi per l'occupazione di qualità e un buon futuro per i cittadini dell'Unione Europea. Un audace piano di investimenti che potrebbe generare fino a 11 milioni di nuovi posti di lavoro di qualità. Un piano aperto a tutti i paesi dell'Unione Europea, con progetti a livello europeo da sviluppare in collaborazione con progetti di investimento nazionali>.


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