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Data: 22/01/2024
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CORRIERE DELLA SERA
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Ferie arretrate, il dipendente può obbligare l’azienda a pagarle? Cosa dice la legge. La sentenza della Corte di giustizia europea

E’ notizia di questi ultimi giorni: un funzionario del Comune di Copertino, in provincia di Lecce, l’ingegnere Antonio Verdesca, è riuscito ad avere ragione del suo datore di lavoro e del legislatore italiano davanti alla Corte di giustizia europea, riuscendo a farsi riconoscere la retribuzione di 79 giorni di ferie di cui non aveva potuto beneficiare prima di andare in pensione nel 2016 come dipendente comunale.

Secondo i giudici di Lussemburgo, gli Stati membri non possono limitare il diritto del lavoratore a vedersi monetizzate le ferie non godute adducendo motivi connessi al contenimento della spesa pubblica. Ma la legislazione italiana cosa prevede? E ci sono differenze tra lavoratori pubblici e privati? La risposta alla seconda domanda è sì, per la prima, proviamo a chiarire il quadro legislativo italiano e quali sono i diritti dei lavoratori.

Cosa prevede la legge per quanto riguarda le ferie

«Le ferie hanno lo scopo di ritemprare fisicamente il lavoratore. Per questo, il decreto legislativo del 2003 ha previsto che ogni dipendente del settore privato e pubblico abbia diritto a non meno di 4 settimane di ferie, che possono anche essere di più se previsto dal contratto collettivo», spiega al Corriere l’avvocato Alessandro Caporelli Siriati. «le ferie devono essere godute per almeno due settimane nel corso del periodo di maturazione, un anno, mentre le restanti due settimane devono essere utilizzate entro i 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione». Bisogna ricordare, che le 4 settimane minime di ferie possono essere ridotte perché le ferie ad esempio non maturano nel caso il lavoratore scioperi oppure scelga l’astensione facoltativa per maternità sopra i 5 mesi, mentre le ferie maturano sempre in caso di malattia, infortuni, congedo matrimoniale, pensione obbligatoria per congedo di maternità e paternità.

Chiarito questi punti, va tenuto presente che al lavoratore devono essere garantite almeno due settimane di ferie consecutive nel periodo tra il 1° giugno e il 30 settembre. «Il datore di lavoro non è obbligato ad accogliere la richiesta di ferie in date specifiche, perché queste saranno determinate a seconda dell’organizzazione e delle esigenze aziendali», prosegue l’avvocato Caporelli Siriati. «Come prevede però l’articolo 2109 del codice civile, il datore di lavoro dovrà comunque tenere conto degli interessi del dipendente. Per quanto riguarda, poi, le eventuali restanti altre due settimane di ferie, queste devono essere godute entro 18 messi dalla loro maturazione. Se questo non avviene, il datore di lavoro va incontro alle sanzioni previste per legge». Inoltre,«la legge vieta la monetizzazione di queste 4 settimane di ferie proprio per tutelare il benessere dei lavoratore, il datore di lavoro deve assumere tutti i provvedimenti necessari ad fine di far esaurire le ferie pregresse del proprio dipendente», spiega ancora l’avvocato, «mentre si possono monetizzare solo quelle avanzate nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro».

Infine, l’avvoccato Caporelli Siriati ricorda che «le ferie non possono coincidere con il preavviso, in quanto le prime sono dedicate al riposo, mentre il secondo impone al lavoratore di essere presente sul luogo di lavoro. Pertanto il datore di lavoro per far consumare le ferie al proprio dipendente dovrà prima far godere queste e poi far decorrere il periodo di preavviso. Ad ogni modo», conclude l’avvocato, «le parti in questo caso possono accordarsi differentemente, infatti, accade spesso che datore e lavoratore scelgano di godere in modo totale o parziale delle ferie residue durante il periodo di preavviso, eccezione alla regola che deve essere preceduta da un accordo tra datore di lavoro e dipendente».

La monetizzazione delle ferie non godute nel settore pubblico

Per spiegare come funzionano le ferie e la loro eventuale monetizzazione nell’ambito dei dipendenti pubblici torniamo al caso del dipendente di Copertino. L’uomo aveva chiesto al Comune presso cui lavorava il pagamento di 79 giorni di ferie accumulati e non goduti. Il Comune aveva respinto la richiesta, invocando l’articolo 5 del D 195 del 2012. La normativa, ispirata a esigenze di contenimento della spesa pubblica, nega infatti il diritto alla monetizzazione dei giorni non goduti di ferie annuali retribuite, quando finisce il rapporto di lavoro nel settore pubblico (per il settore privato le cose sono diverse, come spieghiamo nella scheda seguente). Il giudice italiano non era però convinto della compatibilità di questa norma con il diritto comunitario. E a ragione. Rinviata, infatti, la questione alla Corte di giustizia, questa ha stabilito che esiste incompatibilità tra la legislazione italiana e la direttiva comunitaria del 2003, che prevede per il lavoratore che non abbia potuto fruire di tutte le ferie annuali retribuite di ricevere un’indennità finanziaria per i giorni non goduti prima della cessazione del rapporto di lavoro, senza fare eccezioni per il settore pubblico.

Dunque, «la legge italiana prevede che i lavoratori del settore pubblico non abbiano in nessun caso il diritto al pagamento delle ferie annuali non utilizzate, come previsto dall’articolo 5, comma 8, del decreto legge del 6 luglio 2012», sintetizza l’avvocato Caporelli Siriati, «ma l’intervento della Corte europea ora riconosce il diritto al pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie ai dipendenti pubblici anche nel caso in cui il lavoratore ponga fine volontariamente al suo rapporto di lavoro, senza che si possa più invocare a giustificazione del mancato pagamento l’esigenza di un contenimento della spese pubblica». Una pronuncia, quella Europea, che ha eliminato l’ultimo paletto che limitava fortemente i diritti dei dipendenti pubblici. Infatti, la Corte Costituzionale nel 1995 aveva già ridotto la portata della disposizione dell’art. 5, comma 8 del decreto legge 95 del 2012 affermando che “il divieto di versare un’indennità finanziaria sarebbe escluso qualora le ferie non siano state godute per ragioni indipendenti dalla volontà del lavoratore, come la malattia, ma non in caso di dimissioni volontarie”. Ora, anche i dipendenti pubblici in caso di risoluzione volontaria potranno reclamare un’ indennità per le ferie residue.

La monetizzazione delle ferie non godute nel settore privato

«Anche per quanto riguarda il settore privato, c’è l’obbligo di far fare al dipendente almeno due settimane nel corso dell’anno di maturazione delle stesse, delle 4 minime previste dalla legge», spiega ancora l’avvocato Caporelli Siriati. «Le altre due settimane devono essere godute entro i 18 mesi successivi dalla loro maturazione. La contrattazione collettiva èerò può prevedere un vincolo anche inferiore ai 18 mesi. Se questo non viene rispettato, il datore di lavoro in questo caso viola solo il contratto tra le parti, ma non incorre nelle sanzioni previste del codice civile (DL 66/2003 e 183 del 2010)».

Per quanto riguarda invece la monetizzazione delle ferie, come detto nella seconda scheda, la legge la vieta per le 4 settimane di ferie minime previste dalle legge, mentre si possono monetizzare quelle avanzate al momento della risoluzione del rapporto di lavoro.

 


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