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Data: 16/02/2024
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CORRIERE DELLA SERA
    CORRIERE DELLA SERA

Il feeling Conte-Landini che fa infuriare il Pd (scavalcato a sinistra)

ROMA La scelta di mostrarsi in un rapporto privilegiato con Maurizio Landini, le antenne di Giuseppe Conte sempre più sintonizzate con quelle della Cgil, gli incontri tra i due che nascono segreti e poi diventano di pubblico dominio. E poi il tentativo di scavalcare a sinistra il Pd, la voglia di mostrarsi mediaticamente più attivi di Elly Schlein su tutti i dossier che riguardano il lavoro, il colpo inferto al collateralismo, col mastice che storicamente lega «sindacato» e «partito» che assomiglia sempre più alla debolissima colla per la carta che si usava un tempo alle scuole elementari. Si spiega tutto, o quasi, con un appunto — che nella plancia del Movimento Cinquestelle più d’uno attribuisce alla mente di Rocco Casalino, tra l’altro possibile candidato alle Europee — che negli ultimi giorni ha fissato le colonne d’Ercole della comunicazione pentastellata: quello di cui parlare e quello su cui tacere, i punti su cui insistere e quelli su cui soprassedere.

Il senso dell’appunto, trasmesso per via orale a tutti i parlamentari del M5S più attivi sui social e in tv, è questo: «Si parla di lavoro, lavoro, lavoro. L’opposizione a Giorgia Meloni la si fa sul terreno sociale e non sulla Rai o sulla politica estera. L’obiettivo è occupare lo spazio “sociale” alla sinistra del Pd; per cui bisogna evitare discussioni su Sanremo, su Mara Venier, su Ghali e lasciare ad altri la questione mediorientale...».

E così, nel bel mezzo di una strana tempesta in cui a inizio settimana si è fuso quello che fino a qualche settimana fa sembrava inimmaginabile fondere — la buriana post-Festival e la questione mediorientale — Conte ha chiesto e ottenuto un faccia a faccia con Landini che ha fatto infuriare persino l’ala sinistra del Pd. L’incontro doveva essere segreto per esplicita richiesta dell’ex presidente del Consiglio ma poi è venuto fuori, con la comunicazione del sindacato che si è trovata quasi spiazzata dalla fuga di notizie. L’effetto di far «ingelosire» il Pd, dando al vertice una connotazione «carbonara» che quantomeno nelle intenzioni del leader della Cgil non aveva ragione d’essere, sembra riuscito in pieno, come dimostra la reazione stizzita della sinistra del partito (per tutti il tweet di Andrea Orlando: «Per me che Conte incontri Landini è una cosa positiva, molto. Che difenda l’indifendibile ad della Rai no»). Senza dimenticare, gongolava l’ex presidente del Consiglio il giorno dopo con i suoi, che «sicuramente non passerà inosservato il fatto che noi incontriamo Landini e la segretaria del Pd parla con Giorgia Meloni...».

La competizione è competizione, insomma. E quella in vista delle elezioni Europee, a sinistra, ha due sfidanti, Schlein e Conte; e un convitato di pietra, che è Landini. Non è un mistero per nessuno, infatti, che dentro il Pd c’è chi vive la presenza sulla scena politica del leader della Cgil come un tempo veniva vissuta la figura di un suo illustre predecessore, Sergio Cofferati, che da spina nel fianco (anche) della sinistra ulivista al governo proiettò, all’inizio degli anni Duemila, la sua ombra anche sul centrosinistra parlamentare, con la conseguente attesa di un’Opa ostile sulle leadership di allora che poi non ebbe mai seguito, anzi (il Cinese venne poi mandato prima a fare il sindaco di Bologna, poi al Parlamento europeo).

In questo clima di ostilità e con la fine del collateralismo, forse al momento più percepiti che concreti, Conte prova infilarsi cercando di ribaltare il posizionamento sullo scacchiere che aveva subito all’epoca della sorprendente elezione di Schlein alla segreteria del Pd. Per usare la sintesi di uno degli esponenti del Movimento più vicini al leader, «il Pd s’era ripreso la sinistra dopo il suo congresso; adesso proviamo a riprenderci da Schlein quello che Schlein aveva sottratto a Conte». L’ex presidente del Consiglio si muove come se sperasse ancora in quel controsorpasso ai danni del Pd alle Europee che in questo momento tutti i sondaggi considerano improbabile ma non impossibile. Nel taschino, comunque vada, ha un jolly che si chiama Landini. E non fa mistero in privato di quello che molto presto potrebbe dire in pubblico, che lo pensi davvero o meno, che sia strategia o semplice tattica. E cioè che se ci fosse un federatore possibile tra Pd e M5S, ecco, andrebbe cercato al piano nobile del sindacato di corso d’Italia.


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