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Data: 13/10/2023
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IL CENTRO
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Multinazionale chiude il sito di Corropoli 60 lavoratori rischiano il licenziamento. Assemblea ieri con tanti politici lunedì si saprà se verranno siglati altri sei mesi di solidarietà

CORROPOLI L'azienda di Corropoli, di proprietà della multinazionale americana Johnson&Controls, chiude: 60 dipendenti verso il licenziamento. Il perché sta nella «delocalizzazione in paesi in cui la manodopera è più a buon costo (Messico, ad esempio)».
«La nostra provincia sta perdendo giorno dopo giorno pezzi importante della sua industria dice Natascia Innamorati, Fiom Cgil - non c'è più tempo e la politica deve fare quadrato nei confronti dei licenziamenti per dare un'idea di compattezza verso la proprietà. L'aspetto finanziario sta governando queste tematiche e tale modello di sviluppo deve essere contrastato con tutti i mezzi. Il profitto continua a mietere vittime con altri posti di lavoro che svaniscono a Teramo, una piaga che si aggiunge alle altre». L'azienda di Corropoli che produce sistemi di allarme e di antincendio, ha un notevole grado di know how accumulato in 40 anni: «È triste notare come qui si sviluppino alte competenze che poi si riverseranno su altri territori che ne beneficeranno a piene mani, un paradosso inaccettabile. È triste anche assistere a queste multinazionali che fanno incetta di stanziamenti di strumenti governativi nazionali, come la cassa integrazione, per poi lasciare ed andarsene definitivamente».
L'azienda di Corropoli è da 40 anni in Val Vibrata, un territorio «peraltro che non può permettersi abbandoni, sono 60 famiglie che da lunedì rimarranno senza lavoro, senza contare i riflessi che può avere su tutto l'indotto». Ieri, davanti all'azienda si è tenuta l'assemblea molto partecipata anche dai politici locali: erano presenti i consiglieri regionali Dino Pepe e Simona Cardinali, i sindaci dell'Unione dei comuni e l'assessore regionale Pietro Quaresimale che ha convocato per lunedì in Regione, a Pescara, un tavolo su questa vicenda. «Si riporti la produzione a Corropoli» prosegue Innamorati che attende lunedì perché in quella data saprà se si avvierà l'ultimo contratto di solidarietà di sei mesi, «un palliativo che però non servirà a nulla, se non procrastinare l'agonia che è stata già decisa: la proroga per noi non può essere, infatti, una vittoria, così faremo la fine della rana bollita, noi vogliamo che si riporti la produzione qui e basta, non ci sono alternative».

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